L’imposta sul sacco riapre il dibattito. Il parlamentare Sergio Morisoli: «Ora basta». L’economista Sergio Rossi: «Oltre San Gottardo è peggio»
BELLINZONA – E ora arriva anche la tassa generalizzata sul sacco. Ticinesi sempre più massacrati da imposte e affini. All’orizzonte si profila pure un leggero aumento della bolletta della luce. «La metà dei nostri stipendi – tuona il parlamentare Sergio Morisoli, promotore del referendum finanziario “Stop alle spese del Cantone” – finisce in imposte, tasse, balzelli… Così non si può continuare».
Qualità dei servizi – «Troppe tasse. Lascio il Ticino». Così ha sentenziato, domenica, il coordinatore della Lega Attilio Bignasca, una volta appreso l’esito del voto sulla tassa sul sacco. Ma c’è chi la pensa diversamente. «Bisogna sempre considerare ciò che si riceve in cambio da parte dello Stato – afferma l’economista Sergio Rossi, professore ordinario all’Università di Friborgo –. In altri Paesi la qualità dei servizi pubblici non è così elevata. E bisogna anche considerare che il Ticino è tra i Cantoni in cui il ceto medio, a parità di condizioni, paga meno imposte. Lo dicono le statistiche».
Senza voce in capitolo – Morisoli, dopo la domenica alle urne (con il 58,18% dei votanti che ha comunque approvato la tassa sul sacco), è ancora più agguerrito: «Si spende e si spande, il cittadino non può dire niente. Al di sopra di una certa somma spesa dal Cantone, il popolo deve avere voce in capitolo».
Stato inefficiente – «Il problema – sostiene Rossi – è che in Ticino, come in tutto il mondo occidentale, negli ultimi 25 anni si è diffusa l’idea che lo Stato è inefficiente. Questo a causa anche di alcuni politici che non hanno fatto bene il loro dovere. Occorre tuttavia sempre separare politica e Stato. Lo Stato è necessario per fare funzionare bene la società, indipendentemente dai politici e dalle loro decisioni».
Lo scopo di una tassa – Motivazioni che non bastano a Morisoli. «Tra imposte comunali, cantonali e federali, i ticinesi non ce la fanno più». «Occorre guardare anche lo scopo di una tassa – puntualizza Rossi –. È vero che ci sarà la tassa sul sacco. Ma questa dovrebbe incentivare i ticinesi a ridurre il volume dei rifiuti. Se tutti i consumatori faranno il loro dovere, la spesa pubblica per lo smaltimento dei rifiuti diminuirà e ciò permetterà di ridurre le imposte dirette».
Una situazione particolare – Sarà. I borsellini dei ticinesi, però, piangono. «Il Ticino – riprende Rossi – è in una situazione particolare. È in una regione di confine, non ha potenze industriali sul territorio. E ha dovuto fare i conti in maniera importante con la fuga delle ex regie federali che hanno ridotto la loro presenza a sud delle Alpi. Tutto questo causa una maggiore pressione sul mercato del lavoro, con gli stipendi che tendono al ribasso».
La scelta italiana – Alcuni ticinesi, pochi per ora, hanno deciso di andare a vivere su suolo italiano e di fare i pendolari. «È una scelta che non condivido – ribatte Rossi –. In Italia le tasse sono ancora di più. E la qualità dei servizi pubblici è globalmente inferiore alla nostra».
Favori ai ricchi – A fare discutere sono anche situazioni apparentemente ingiuste. Con persone benestanti e grandi imprese che beneficiano di una fiscalità vantaggiosa, proprio per essere spinti a stabilirsi (e a consumare) su suolo ticinese. «Questo genera rabbia – commenta Rossi –. Anche qui, tuttavia, bisogna capire i meccanismi che stanno alla base del fenomeno. Avere queste persone e queste ditte in Ticino significa avere grossi contribuenti. A lungo andare possono beneficiarne tutti».