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TENERO«Ben 83 giorni in fuga per riabbracciare il mio amore»

03.03.17 - 07:54
Il dramma dell’immigrazione visto da Afrim Halimi, oggi addetto alle pulizie al Centro Sportivo Nazionale: «Io, scappato dalle bombe del Kosovo»
«Ben 83 giorni in fuga per riabbracciare il mio amore»
Il dramma dell’immigrazione visto da Afrim Halimi, oggi addetto alle pulizie al Centro Sportivo Nazionale: «Io, scappato dalle bombe del Kosovo»

TENERO – «La frontiera ticinese presa d’assalto dai migranti? Io so cosa vuol dire scappare dalla propria terra…» Afrim Halidi, 42 anni, di Gordola, ha lo sguardo fiero di chi è riuscito a rialzare la testa. Oggi Afrim è sposato, padre di due figli, e fa l’addetto alle pulizie, nonché il tuttofare, presso il Centro Sportivo Nazionale di Tenero. Ma nel 1999 ha dovuto lasciare il Kosovo, la sua terra, in ginocchio per la guerra. Con le forze serbe all’attacco. A 18 anni di distanza, Afrim racconta la sua storia. «Ci ho messo 83 giorni a raggiungere la Svizzera, dove viveva la mia fidanzata. È stato un incubo, che mi ha lasciato traumi per mesi».

Viaggio nella paura – È sempre tesa la situazione alla frontiera sud della Svizzera. Nel 2016 oltre 32.000 persone in fuga hanno cercato di entrare, in un modo o nell’altro in Ticino. La metà non ce l’ha fatta, venendo rispedita in Italia. Afrim, che il Ticino l’ha raggiunto passando dalla Germania e dalla Svizzera tedesca, segue la tematica con grande interesse. «Mi identifico in questa gente. So cosa significa partire con il cuore il gola e viaggiare nella paura».

Instabilità – Quando Afrim è fuggito dal Kosovo, nessuno poteva lasciare il Paese. «Se mi avessero scoperto, mi avrebbero ammazzato. Quel giorno, era un 24 marzo, mi confrontai con i miei famigliari. Mi dissero di andare, di cercare di ricostruirmi una vita. Le forze serbe erano ormai entrate anche a Gijlan, la nostra città. E la NATO aveva annunciato bombardamenti. Si respirava un clima di grande instabilità».

Passaporto falso – Macedonia, Bulgaria, Repubblica Ceca… Sono infinite le tappe dell’Odissea di Afrim. «A un certo punto ho anche dovuto fare un passaporto falso. Ho sborsato 1500 euro. Una persona in fuga entra in contatto con gente senza scrupoli, pronta ad approfittare della sua condizione di fragilità».

Dietro le sbarre per un mese – Senza contare il calvario di Praga. «Un giorno stavo passeggiando in un mercato di una zona franca, a cavallo tra la Cechia e la Germania. Mi arrestarono e mi sbatterono in carcere. Una cella da condividere in quattro. Due pasti al giorno e una doccia a settimana. E il bagno in mezzo alla stanza, senza alcuna separazione. Ci trattavano come bestie. Sono stato dietro le sbarre per 31 giorni. Mi liberarono solo a una condizione: sparire dalla circolazione entro una settimana».

In marcia di notte – Afrim rievoca atmosfere spettrali. Angoscianti. «Mi è capitato di camminare di notte nei boschi, per non essere visto. Con le ortiche che mi arrivavano al collo. Quando ti trovi in situazioni del genere, vai avanti spinto dalla forza della disperazione. Io poi avevo la fidanzata che mi aspettava. L’amore mi ha aiutato a non mollare».

Il rumore delle bombe – È visibilmente emozionato, il 42enne di Gordola, mentre apre il cassetto dei ricordi. E non lo nasconde. «Oggi il Kosovo è rinato. Da nove anni è indipendente. Io, però, ho vissuto gli anni bui. Sento ancora il rumore delle bombe, nella mia testa. I miei zii sono stati massacrati da militari ubriachi. Mia zia è stata squartata per quattro soldi. Come si fa a dimenticare?»

Una nuova vita – Afrim si consola con un presente contraddistinto da tanta positività. «Qualche anno fa sono diventato svizzero. Per me non è stata una formalità. Mi sento svizzero a tutti gli effetti. Qui ho trovato la serenità».

Il lavoro – Uomo di grandi fatiche, il 42enne di origini kosovare non è mai stato con le mani in mano da quando è sbarcato in Ticino. «Ho fatto l’autista, l’ausiliario in un campeggio, l’operaio di fabbrica, il gessatore. E poi ho svolto la formazione come operatore di edifici e infrastrutture. Da cinque anni faccio parte dello staff del Centro Sportivo di Tenero, dove mi occupo anche di formare apprendisti».

Angoscia – Afrim rievoca, infine, il momento in cui ha messo piede in Svizzera. «Ho attraversato il confine tra Repubblica Ceca e Germania a piedi. Sempre senza farmi vedere. Se mi avessero beccato, il mio sogno sarebbe finito». Il 42enne si nasconde in un cespuglio. Per una notte intera. Fino a quando, all’alba, non arriva sua sorella. «Lei viveva in Germania già da tempo. Così come mio fratello. In seguito riuscii a entrare in Svizzera. A Zurigo abitava il cugino della mia futura moglie. La mia avventura è stata contraddistinta dall’ansia di non farcela. Dall’angoscia. Io faccio di tutto per non pensare al passato. Certe sensazioni, però, ti restano dentro».

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