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CANTONEIl grido disperato di un padre: «Mio figlio vittima di bullismo, noi soli ad aiutarlo»

11.02.17 - 09:33
Insultato alle elementari, malmenato alle medie. Da 5 anni la famiglia del Mendrisiotto affronta il problema. Ora chiede che le Istituzioni siano più attente alle questioni dei giovani
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Il grido disperato di un padre: «Mio figlio vittima di bullismo, noi soli ad aiutarlo»
Insultato alle elementari, malmenato alle medie. Da 5 anni la famiglia del Mendrisiotto affronta il problema. Ora chiede che le Istituzioni siano più attente alle questioni dei giovani

LUGANO - «I tempi sono cambiati, e anche i bambini non sono più quelli di una volta. Le Istituzioni devono rendersi conto che il bullismo va combattuto con strumenti efficaci e non con la classica giornata di sensibilizzazione». Quella di Paolo*, papà del Mendrisiotto, non è solo una richiesta d'aiuto, è anche uno sfogo, ma soprattutto una denuncia. Contro un fenomeno, quello del bullismo, che ormai è all'ordine del giorno e i cui strascichi, a volte, sono drammatici.

Bullismo precoce - Fortunatamente non è questo il caso. Ma Paolo è stanco. I problemi per suo figlio sono iniziati diversi anni fa e, invece di risolversi, si sono aggravati con il tempo. «Tutto cominciato alle elementari, per un difetto fisico di mio figlio», ci racconta. «Hanno iniziato a prenderlo in giro per quello, poi per qualunque cosa, dal caschetto della bici al suo abbigliamento. Inizialmente erano solo offese verbali».

Paolo ha un buon dialogo con il figlio. Scopre presto che qualcosa non va. E si rivolge alla scuola. «Qui incontro il primo muro. Fanno poco. Mio figlio diviene ben presto vittima di un sistema che invece di aiutarlo lo distrugge gradualmente».

Il silenzio delle Istituzioni - Il genitore non solo non viene ascoltato, ma vede additato il figlio come «bugiardo cronico con manie di persecuzione». Ci sono incontri con gli insegnati. La situazione non si risolve, il bambino cresce, e dalle elementari passa alle medie. Anche la violenza cambia. «Non si tratta più di insulti e sfottò. Si passa alle mani».

Paolo cerca aiuto fuori dalle mura scolastiche. Lo cerca tra chi amministra la Città. Altro muro. Altro silenzio. Un silenzio che inizia ad abbracciare anche suo figlio. «A un certo punto qualcosa cambia in mio figlio. Inizia a non parlare più dei suoi problemi». Fino a che non torna a casa con la giacca di piume completamente strappata.

La situazione degenera - Paolo si reca allora a scuola. Il direttore gli suggerisce di trasferire il ragazzino nella speranza che cambiare aria possa giovargli. I colpevoli non vengono sanzionati. Intanto suo figlio è sempre più difficile, non accetta il cambiamento. Le violenze subite le riversa a casa, sui genitori, con parole che feriscono. «Dice di odiarci, di preferire il collegio. Non capisce che stiamo cercando di aiutarlo».

Il ragazzino finisce in psicoterapia. La famiglia si sente isolata, senza aiuti dall'esterno. «Come posso spiegare a mio figlio che non sta sbagliando niente, che deve fidarsi del suo papà e della sua mamma? Come posso fargli capire che i maestri stanno con lui, dopo che i quattro poveri ragazzi, che non vivono una situazione facile, gli hanno strappato il piumino e buttato le piume in faccia davanti a tutti, ma non sono stati nemmeno puniti?».

La richiesta d'aiuto - «In questi anni, cinque lunghi anni, ho conosciuto molta gente sorda alle nostre grida d’aiuto. In questi anni ho lottato con tutte le mie forze contro la piaga del bullismo. Dalla scuola mi sono arrivati solo complimenti, per la mia volontà nel voler instaurare un dialogo e per la capacità di mantenere la calma. Nulla più. Questo non basta. Mio figlio ha dovuto cambiare aria per cercare di ritrovare la serenità. In questo periodo la situazione non è facile per nessuno. Sono sfiduciato. Il mio grido vuole essere quello di mio figlio, e di tutti quelli come lui che non si sentono ascoltati».

*nome fittizio

UN AIUTO CONCRETO

Proprio quando si sentono in crisi, molti bambini e giovani hanno difficoltà a parlare con qualcuno. «Il suicidio è ancora un tabù per la società», dichiara Urs Kiener di Pro Juventute. «Per questo occorre un aiuto veloce e professionale». Esattamente il tipo di aiuto offerto dalla Consulenza + aiuto 147 di Pro Juventute a tutte le ore nonché in forma gratuita e anonima.

Mentre fino a pochi anni fa si trattava di un problema marginale, oggi è un argomento all’ordine del giorno. «Il bullismo e, più ancora, il cyberbullismo è un fenomeno sociale molto serio», afferma Kiener. I bambini si rivolgono a Pro Juventute ad esempio perché vengono fotografati in situazioni imbarazzanti, le immagini vengono poi pubblicate sui social network come facebook oppure vengono messe in circolazione calunnie che tutti possono leggere. Ancora più allarmante è il fatto che le molestie non si limitano alla scuola, ma continuano anche a casa, un luogo dove la vittima dovrebbe sentirsi sicura. «Il bullismo e il cyberbullismo causano sensazioni di estrema impotenza e disperazione e persino pensieri suicidi nelle vittime», spiega Kiener. Il 7 percento degli adolescenti tra i 14 e 15 anni sono già stati vittime di contenuti imbarazzanti pubblicati su Internet (il 10 percento per i 16/17enni, l‘8 percento per i 18/19enni).

Recenti studi internazionali dimostrano che il numero dei tentati suicidi nei giovani vittime di cyberbullismo è doppio rispetto ai giovani che non ne hanno mai fatto l’esperienza.

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