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CANTONE«Così un rustico in cima alla valle si trasformerà nel vostro ufficio»

28.09.16 - 08:19
Il tema del telelavoro torna di stretta attualità. Anche nel settore pubblico. «È la quarta rivoluzione industriale», spiegano gli economisti Siegfried Alberton e Andrea Martone
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«Così un rustico in cima alla valle si trasformerà nel vostro ufficio»
Il tema del telelavoro torna di stretta attualità. Anche nel settore pubblico. «È la quarta rivoluzione industriale», spiegano gli economisti Siegfried Alberton e Andrea Martone

BELLINZONA - Gli impiegati statali ticinesi potranno presto lavorare da casa? Il progetto, riguardante alcune posizioni dell’amministrazione cantonale, è sotto la lente del Governo e sarà discusso in Parlamento. Un segnale eloquente, in un Paese, la Svizzera, in cui negli ultimi 15 anni il numero dei telelavoratori è quadruplicato: oggi, stando all’Ufficio federale di statistica, si aggira attorno alle 120.000 unità. «Il fenomeno – spiega Siegfried Alberton, specialista di sviluppo economico e territoriale – per adesso in Svizzera è ancora contenuto e riguarda circa il 3% dei lavoratori. Ma i paradigmi stanno cambiando in fretta. E il dibattito è rilanciato». 

Gli artigiani del futuro - Di lavoro a distanza si parlava già a metà degli anni 2000. Ma forse i tempi non erano ancora maturi. Alberton è chiaro: «Stiamo vivendo la quarta rivoluzione industriale. Quella dell’intelligenza artificiale e dell’interconnessione. Negli Stati Uniti, ma anche in Europa, è sempre più diffusa la figura del “maker”. È la nuova generazione degli artigiani digitali, composta da persone che, in qualsiasi posto si trovino, sono in grado di produrre qualcosa».

Previsioni esagerate - Le proiezioni scientifiche indicano che, entro pochi decenni, addirittura il 75% dei lavoratori non avrà più bisogno di un ufficio per svolgere le proprie mansioni. Lo ipotizza, in particolare, un recente studio realizzato da UBS in collaborazione con The Future Laboratory. «In Francia o in Germania – evidenzia Andrea Martone, esperto in risorse umane – la percentuale dei telelavoratori supera il 20%. È realisticamente prevedibile una simile crescita anche in Svizzera».    

La sorpresa - Agli albori, il concetto di telelavoro era pensato soprattutto per donne con figli e per pratiche non impegnative, legate a semplici lavori d’ufficio. «La realtà – indica Martone – dimostra il contrario. Oggi il telelavoro riguarda soprattutto maschi con un titolo di studio elevato. Ingegneri, architetti, informatici, giornalisti. E si badi bene che non stiamo parlando unicamente di liberi professionisti. Il tema figli, inoltre, ha un basso impatto sul fenomeno».  

Una questione anche politica - La tematica del telelavoro interessa anche l’amministrazione federale. E non solo per quanto riguarda i dipendenti della Confederazione. «È una questione anche politica – sostiene Alberton –. Promuovere il telelavoro nell’economia privata, magari tramite incentivi alle aziende, potrebbe ridurre il traffico sulle strade, il problema dei parcheggi, il tasso di inquinamento, lo stress e di conseguenza i costi sociali».

Le incognite - A frenare i datori di lavoro restano, comunque, alcune incognite. «Il telelavoratore – dice Alberton –  in determinati casi potrebbe correre il rischio di restare isolato da quelle che sono le filosofie aziendali. Senza contare la mancanza di socializzazione con i colleghi. Vanno trovati dei compromessi».

Occhio ai furbi - E poi resta un pizzico di timore verso quei dipendenti che, in linea teorica, potrebbero approfittare della situazione. «Le nuove tecnologie – fa notare Martone – permettono di controllare il dipendente a distanza. Di sapere quando accende e quando spegne il computer, o di annotare quando usa il cellulare aziendale. E qui subentra un problema culturale. Molti datori di lavoro danno ancora tanto, troppo, peso al monitoraggio del tempo di lavoro, più che alla capacità di produzione del singolo lavoratore».

Viva le zone periferiche - Uno spettro o una grande opportunità? Il tema del lavoro a distanza, da sempre, divide. E c’è addirittura chi ipotizza l’invasione di lavoratori invisibili. Stranieri che, dal loro Paese di residenza, ruberebbero il lavoro ai ticinesi via internet. «Cambiamenti così profondi – conclude Alberton – sono sempre accompagnati da paure legittime. Io nel telelavoro continuo a vedere una grande opportunità di rilancio per le zone periferiche. Perché adesso basta una connessione internet per permettere a determinate persone qualificate di vivere in un rustico di valle e lavorare da lì. Incentivare il telelavoro potrebbe contribuire ad arginare il problema dello spopolamento delle regioni discoste».

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