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BALERNATravolto dal treno diciotto anni fa, oggi trionfa con la vela

26.07.16 - 06:01
L’incredibile storia di Stefano Garganigo: dopo l’amputazione delle gambe, trova la rivincita nello sport. Fino al recente exploit in Europa
Travolto dal treno diciotto anni fa, oggi trionfa con la vela
L’incredibile storia di Stefano Garganigo: dopo l’amputazione delle gambe, trova la rivincita nello sport. Fino al recente exploit in Europa

BALERNA - Un banale scivolone sul marciapiede della stazione di Lugano. La testa che picchia sui binari. E un treno in transito che lo travolge, portandogli via le gambe per sempre. È una domenica di marzo del 1998, quando il mondo si ferma per Stefano Garganigo. Oggi il 44enne di Balerna, a diciotto anni di distanza, può dire di avere sfruttato la seconda possibilità che la vita gli ha offerto. Sì, perché Stefano è un asso della vela paralimpica 2.4mR. Capace di brillare anche al recente campionato d’Europa, svoltosi a Carcans, in Francia. «Era la prima volta che uno svizzero partecipava a questa rassegna, aperta anche ai normodotati – racconta con grande umiltà – su 43 equipaggi, mi sono piazzato al 25esimo posto. Non male per un neofita come me».

Un lungo ritorno alla “normalità” - Stefano, una carriera come creativo pubblicitario alle spalle, scopre la vela solo nel 2010 sul lago Ceresio, con il Circolo velico di Lugano. Quasi per caso. «Fino ad allora avevo dovuto affrontare un lungo periodo di assestamento. Dopo sei mesi di ospedale e l’amputazione della gambe, mi hanno messo due protesi. Dovevo abituarmi alla mia nuova condizione. Facevo fatica a camminare. Ma il problema era soprattutto psicologico, avevo paura di andare nei posti che non conoscevo».

Senza confini - Paradossale se si pensa che ora Stefano non ha più confini. La vela gli ha aperto una nuova dimensione. «Ma non è solo il fatto di riuscire a navigare in alto mare a rendermi orgoglioso. Ad esempio ultimamente mi sono fatto 1'500 chilometri in auto per partecipare all’Europeo. E considerate che trainavo una barca. Guido una macchina automatica con comandi manuali. Faccio spostamenti incredibili, e senza l’aiuto di nessuno. Gli altri equipaggi all’Europeo erano di venti persone. Io ero l’unico a fare tutto da solo».

Sogni impossibili - Un miracolo, considerando che la competizione, viste le particolarità tecniche delle barche, era aperta anche ad atleti senza handicap. «Io sto facendo un percorso. E non sono neanche arrivato a metà dell’opera. È un cammino che va ben al di là dello sport. Per me il risultato agonistico non conta. Le cose che faccio oggi dieci anni fa mi sembravano impossibili. Tutto questo comporta grandi sacrifici. Sono l’unico velista paralimpico in Svizzera. E per questo sono costretto ad allenarmi con gli equipaggi delle nazioni limitrofe. Spesso sul lago di Como. Io comunque non mi scoraggio. Dalla Francia sono tornato con una grande carica».

La vita è adesso - Stefano si guarda indietro. E ripensa a quella terribile domenica di marzo del 1998. Quando la sua carriera professionale stava per esplodere definitivamente. «Ero andato a Lugano di buon mattino. Stavo aspettando il treno per tornare a Balerna, a casa mia. Non so cosa sia successo. Ho rimosso tante cose di quel giorno. E forse è meglio così. Per me adesso esiste solo il presente. E me lo godo».

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