Il direttore Roby Noris replica: «Casi isolati»
LUGANO - Il direttore di Caritas Ticino Roby Noris lo ammette: qualche caso – «ma raramente» – capita. L'ente benefico ha dato lavoro nel 2015 a qualcosa come 900 disoccupati. Il 20 per cento in più rispetto all'anno precedente. In mezzo a questo numero, aggiunge, «non posso escludere che qualcuno abbia combinato qualche piccolo pasticcio. Le segnalazioni, rare, arrivano». Con «pasticcio» si intende l'atto di chiedere pagamenti in nero, in cambio dello sgombero a domicilio di mobili destinati ai mercati benefici di Pregassona o Giubiasco.
Le testimonianze - A raccontarlo a tio.ch/20minuti due donatori, uno del Sottoceneri e l'altro del Sopraceneri i quali, in momenti diversi, hanno deciso di regalare alla Caritas il mobilio di casa. «Sono rimasto scandalizzato» racconta uno di loro. «Durante il sopralluogo uno degli addetti mi ha chiesto un contributo di centinaia di franchi, e quando mi sono offerto di fare un bonifico mi sono sentito rispondere di no, che accettavano solo contanti, perché “altrimenti tocca pagare l'Iva”».
«Non è la prassi» - Accuse pesanti, a cui però «non corrisponde assolutamente una prassi» replica Caritas. Anzi: «Il nostro regolamento al riguardo parla chiaro – precisa Noris – per quanto riguarda i contributi in denaro, che servono a coprire le spese di smaltimento qualora un mobile donato non sia rivendibile, emettiamo regolari fatture seguendo un preciso tariffario».
Qualche incomprensione - Dipendenti furbetti a parte (perché di furbetti isolati si tratterebbe) il problema per Caritas è un altro: «Riceviamo a volte lamentele da parte dei donatori di mobili perché – continua il direttore – alcuni non capiscono che i mobili vecchi o non rivendibili sul mercato per noi sono un costo». Ma come, si chiedono i donatori, con tutti i poveri che ci sono, un divano è sempre un divano. «È proprio qui l'errore. La realtà è che in Ticino il povero che accetterebbe un mobile qualsiasi non esiste. Esiste l'esclusione sociale, la disoccupazione. Il rimedio è creare occupazione, cosa che noi facciamo con i ricavati delle vendite. Ma bisogna, appunto, che i mobili siano vendibili» conclude Noris.