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CANTONEI sindacati si spaccano sul contratto collettivo

06.06.16 - 21:42
Unia e Ocst, dalle parti opposte della barricata nella campagna sugli orari prolungati, non si intendono neanche sul contratto collettivo
I sindacati si spaccano sul contratto collettivo
Unia e Ocst, dalle parti opposte della barricata nella campagna sugli orari prolungati, non si intendono neanche sul contratto collettivo

BELLINZONA - «Avremmo sostenuto un contratto contenente risposte concrete ai bisogni del settore. Ma questo contratto ci delude, non risponde né ai bisogni dei lavoratori né a quelli del settore economico», commenta Giangiorgio Gargantini di Unia. La bozza di Contratto collettivo di lavoro per il commercio al dettaglio presentato questa mattina a Bellinzona non smorza le polemiche che hanno accompagnato la campagna elettorale per i nuovi orari di apertura dei negozi.

Decisioni a maggioranza - Christian Vitta nel presentare il progetto elaborato dal gruppo di lavoro di padronato e sindacati, lo ha detto che alcune decisioni erano state prese a maggioranza. E basta poco per capire l’oggetto del contendere: le retribuzioni. «Dei salari minimi da 3’200 franchi lordi sono assolutamente insufficienti per permettere a qualcuno di vivere e poter fare la spesa in Ticino», continua Gargantini. «Su tutti i punti principali Unia è rimasta sola a difendere dei salari più alti e una migliore organizzazione del lavoro». Quale dunque uno stipendio giusto? «Lo avevamo determinato quando abbiamo fatto l’iniziativa del salario minimo a 4’000 franchi. Su 13 mensilità, quindi, circa 3’600 franchi. Tutto ciò che è sotto questa cifra è indegno».

«L’unico risultato possibile» - Unia non fa nomi, ma ci vuole poco ad arrivarci. A lasciarli soli è stata l’Ocst, favorevole agli orari prolungati proprio perché avrebbero portato al Ccl. «Non credo che sia il risultato migliore che avremmo potuto desiderare, ma credo che sia l’unico possibile», commenta Paolo Locatelli dell’Ocst. E con Unia? «Sì, ci siamo divisi. Immagino che Unia non abbia ancora digerito il fatto che abbiamo imposto in Gran Consiglio l’abbinamento tra legge sugli orari e contratto collettivo e, ancor meno, abbia assorbito il risultato netto scaturito dalla votazione». Al tavolo delle trattative, il sindacato cristiano-sociale ha preferito trovare l’accordo, ci spiega, che mettersi sulle barricate. «C’è equilibrio e ponderazione anche nella sostenibilità da parte della piccola distribuzione che, comunque, dovrà fare un netto balzo in avanti sia per quanto riguarda i salari che la programmazione del lavoro».

Un punto d’incontro - Benché lontani, i sindacati potrebbero trovare un punto d’incontro: sugli orari di lavoro. In entrambi gli schieramenti, infatti, vi è un certo malcontento per quanto riguarda programmazione e frammentazione dei turni. La bozza prevede che chi lavora oltre il 50% debba essere disponibile al massimo per 12 ore (due in meno della Legge sul lavoro). Per fare un esempio, 4 ore al mattino, pausa di 4 ore, 4 ore il pomeriggio. «Si era detto che aumentando gli orari si sarebbe impedito che si allungassero anche le giornate, ma quello che è stato fatto è insufficiente», spiega Gargantini. Questo, inoltre, avrebbe reso necessaria la creazione di nuovi posti di lavoro per coprire gli orari prolungati. Tesi sposata anche dall’Ocst: «Io sarei stato molto più incisivo sulla frammentazione del tempo di lavoro. Anche perché il settore si rivolge sempre più spesso a personale con contratti a tempo parziale, su chiamata e, peggio ancora, chiamati alla bisogna», conferma Locatelli.

Voce alle basi - Ora, però, tocca ai lavoratori parlare. I sindacati incontreranno infatti le basi (Unia: domani a Balerna, mercoledì a Locarno; Ocst: domani a Noranco) e toccherà a loro decidere le prossime mosse da portare in trattativa.

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