In occasione del dibattito "Il tradimento, tra libertà e senso di colpa" di giovedì abbiamo scambiato qualche parola con la sessuologa Kathya Bonatti
LUGANO - Secondo le statistiche in oltre il 40% dei matrimoni c'è almeno uno fra i due coniugi che ammette di essere stato, fisicamente o emotivamente, infedele nei confronti del partner. «Avete mai tradito il vostro partner?» Un uomo su due ammette di si. Una donna su due, pure. Come si spiega? Perché in una cultura così sviluppata come la nostra il tradimento riveste ancora un ruolo così "importante"? Domande queste che troveranno risposta nel corso del dibattito "Il tradimento, tra libertà e senso di colpa" di giovedi 28 aprile al Segnalibro di Lugano alle ore 18.00. Ospiti dell'incontro l'autore del libro "@cuorebuiorrore" Patrick Mancini e la sessuologa Kathya Bonatti, autrice di "Il diritto di tradire", con cui abbiamo scambiato qualche parola.
Partiamo dal titolo del suo libro: "Il diritto di tradire". Secondo lei è giusto tradire?
«È giusto, ma solo se il contraltare è quello di tradire noi stessi. Quando ci ritroviamo di fronte ad un bivio in cui dalla scelta di tradire dipende la nostra salvaguardia allora si, è giusto tradire. Noi stessi siamo la nostra unica certezza, e quindi veniamo prima di tutto».
Secondo la sua esperienza, il tradimento nasce più da una necessità di tipo fisico-mentale o piuttosto da una ricerca di libertà?
«Una bellissima domanda che nessuno mi pone mai. Dipende. Fisiologicamente e biologicamente l'essere umano non nasce per essere fedele. Si tratta piuttosto di una forzatura, un artificio di natura culturale e sociale. L'essere umano in quanto tale ha esigenza di una crescita emotiva e fisica, ed è impossibile nell'arco di una vita riuscire a trarre tutti gli stimoli da un'unica persona. Per cui il tradimento è determinato da una convivenza di questi due aspetti.»
Il senso di colpa dovrebbe essere un "campanello d'allarme". Come mai molto spesso invece non è sufficiente ad arrestare questi comportamenti?
«Perché nell'equilibrio fra mente e corpo sono le pulsioni di quest'ultimo ad avere il sopravvento. La nostra mente vive assoggettata a regole e comportamenti "imposti" dal rigore culturale e sociale, mentre il nostro corpo si nutre di stimoli diretti, di natura tattile, fisica. È guidato dall'istinto, e a differenza della mente non può essere ingannato. Il nostro corpo è lo strumento attraverso cui esploriamo la vita. E anche attraverso il tradimento impariamo a conoscere meglio noi stessi.»
Un aspetto che di certo influisce sul tradimento è il periodo storico. Oggi la tendenza sembra quella di sdrammatizzare questi comportamenti, mentre in passato si assisteva a giudizi più severi... Lei cosa ne pensa?
«È vero. Questa differenza storica è principalmente riconducibile all'esigenza del mantenimento della nostra specie, che altrimenti non sarebbe stato possibile. Oggi invece i costumi sessuali sono più morbidi e disinvolti, e in uno scenario così "fluido" la realtà del corpo finisce con il sovrastare gli ideali imposti della mente. In questo senso l'unico confine realmente esistente è il consenso altrui.»
Un ultima domanda. Parlando di periodo storico e pensando al presente non si possono non considerare le tecnologie. Quanto hanno pesato queste, e penso in particolare all'avvento di social network e applicazioni affini, sull'evoluzione dei tradimenti?
«Hanno reso tutto più immediato. Oggi è molto più semplice nascondere le proprie tracce quando si tradisce, anche se molti poi si fanno scoprire in altri modi (come dimostra il fatto che nella vicina Italia oggi il 40% delle cause di divorzio sia riconducibile a Whatsapp). Pensiamo ad un marito che tradisce la moglie; in passato avrebbe dovuto utilizzare un computer e di certo non avrebbe potuto rimanere ogni sera in chat fino a tardi con la scusa del lavoro. Oggi invece è sufficiente un telefono. Non è più necessario nemmeno muoversi. Si può tradire in qualsiasi momento.»