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LUGANO«Se questa mamma torna a casa sarà uccisa»

10.02.16 - 06:05
Corsa contro il tempo per salvare la 33enne nigeriana Iwinosa, attualmente al Centro della Croce Rossa di Paradiso. L’appello delle amiche ticinesi
«Se questa mamma torna a casa sarà uccisa»
Corsa contro il tempo per salvare la 33enne nigeriana Iwinosa, attualmente al Centro della Croce Rossa di Paradiso. L’appello delle amiche ticinesi

LUGANO - “Se Iwinosa torna nel suo Paese, la uccideranno”. A lanciare l’appello disperato sono alcune amiche ticinesi di Iwinosa Osagie, classe 1982, richiedente l’asilo nigeriana a cui è stato ordinato di lasciare la Svizzera il prossimo 16 febbraio. Quel giorno la polizia si recherà al centro della Croce Rossa di Paradiso, dove la donna risiede con la figlia di un anno, e porterà Iwinosa alla frontiera. “E se questo accadrà - racconta una signora di Breganzona - per Iwinosa sarà la fine. I famigliari del suo ex compagno le hanno promesso la morte”.

Sofferenza infinita - Sì, perché la storia di questa 33enne nigeriana è un dramma nel dramma. Che inizia quando lei e il suo uomo decidono di lasciare il Paese africano, in preda alla povertà, per tentare la fortuna in Europa. Mentre attraversano la Libia a piedi, tuttavia, incappano in un manipolo di soldati. I militari tentano di violentare Iwinosa. E il suo compagno, nel tentativo di proteggerla, viene pugnalato a morte dai soldati.

Sola e indifesa - Iwinosa proseguirà la sua marcia verso l’Europa. Ma in Nigeria i famigliari del ragazzo ucciso attribuiscono a lei tutta la colpa dell’accaduto. E le fanno sapere che se dovesse tornare a casa, non avrebbe scampo. “Iwinosa in Nigeria non ha più nessuno - sottolinea l’amica ticinese -, i suoi parenti sono tutti morti. Si ritroverebbe sola e indifesa. In più ha pure una bambina piccola, di appena un anno. Come si può cacciare una mamma in queste condizioni? Sarebbe un delitto”.

Capolinea - Eppure la lettera della Segreteria di Stato della migrazione parla chiaro. Il tempo in Svizzera per Iwinosa è finito. “Iwinosa è arrivata in Ticino a dicembre del 2014 - riprende l’amica -, dopo una parentesi in Italia. Io l’ho conosciuta in quel periodo perché ero incinta come lei e i nostri bambini sono nati a soli tre giorni di distanza al Civico di Lugano. Ho subito apprezzato la sua grande umanità”.

Mancanza di prove - Il destino della giovane nigeriana sembra appeso a un filo. Lo conferma Mario Amato, giurista di SOS Ticino. “A Iwinosa la richiesta d’asilo è stata respinta perché non è stata in grado di dimostrare con prove concrete la veridicità di quanto sostiene di avere vissuto. L’analisi di una richiesta d’asilo è sempre una questione individuale”.

Burocrazia - La vicenda, tra un ricorso e l’altro, è finita fino al Tribunale amministrativo federale. “Purtroppo - riprende Amato - la ragazza non ha pagato nemmeno l’anticipo richiesto per il ricorso. Questo ha complicato ulteriormente la sua situazione”. 

Destino segnato - Le amiche di Iwinosa, dal canto loro, non mollano. Il loro grido disperato è rivolto a politici e autorità. “Chiediamo che Iwinosa possa restare in Svizzera ancora per un determinato periodo - dice una delle nostre interlocutrici -, almeno finché non avrà un po’ più di autonomia. Adesso la sua bambina è ancora troppo piccola. Sappiamo che se lei e sua figlia rientrano in Nigeria qualcuno le ammazzerà. Noi questo non lo vogliamo”.

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