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CANTONEMulta allo chef a domicilio: comincia la guerra all'Uber del cibo

16.10.15 - 07:00
La prima sanzione arriva in Italia: nel Cantone ancora si sfugge ai controlli, cominciati solo quest’anno
Foto Fotolia
Multa allo chef a domicilio: comincia la guerra all'Uber del cibo
La prima sanzione arriva in Italia: nel Cantone ancora si sfugge ai controlli, cominciati solo quest’anno

LUGANO - Che fosse solo questione di tempo, non desta in fondo sorpresa: tutto ciò che è “Uber”, di nome e anche solo di fatto o in senso lato, è destinato a suscitare antipatie. Attirarsi astio, polemiche fondate o pretestuose, manifestazioni di rimostranza verbali o nelle piazze, attenzione e punizione a ogni sgarro sia pur minimo: dopo le auto, tocca ora al cibo. La prima multa arriva in Italia: dove uno chef a domicilio dovrà sborsare 6mila euro per non aver saputo esibire la documentazione necessaria a somministrare pasti in casa d’altri.

A fianco del catering - Gli onori della cronaca, e il disonore d’aver trasgredito, spettano al “Porta Susa home restaurant” di Torino: esercizio che affianca l’attività di ristorazione in sede a quella nelle dimore private. Perché è così che la Uber del cibo sta prendendo piede, all’estero come in Ticino: aggiungendo l’opzione come attività subalterna a quella, il più delle volte, di catering.

Un'occasione particolare - C’è chi stenta, come Carlo Stroppini di Catering Ticino, che fa "4-5 servizi l’anno: il rapporto con il catering è di 1 a 10. Per conto mio è un servizio aggiuntivo offerto ai clienti interessati, che desiderano qualcosa di particolare, specie durante i giorni di festa: San Valentino, San Silvestro". Chi, come Pietro Sabbadin di Cuoco a domicilio, arriva a "5-6 al mese, anche se per me è davvero solo un'attività collaterale. Se avessi più tempo e decidessi di pubblicizzarla per bene, i numeri potrebbero anche crescere: il fenomeno sta cominciando ad attecchire anche qui. Fra i clienti ho chi chiede una cena per un'occasione particolare, chi chiama per organizzare compleanni".

La difficoltà nei controlli - "In questo caso, i controlli ci sono: ma concentrati intorno all’attività principale – spiega Valeria Cavalli, direttrice aggiunta del laboratorio cantonale –. Monitorare chi fa solo lo chef a domicilio invece è difficile: nei nostri registri non esiste una sezione dedicata. Quando si fa commercio di derrate alimentari, esiste il dovere di notifica al laboratorio: a patto che il cibo venga comprato e cucinato, che sia nella propria cucina o in quella d'altri. Chi invece va a preparare una cena con prodotti acquistati dal privato, non ha alcun obbligo. Ora, è vero che chi non segnala la sua attività infrange la legge, ma è vero anche che, non venendone a conoscenza, non possiamo fare ispezioni".

Verifiche e multe nel 2014 - Lo scorso anno le verifiche svolte dagli ispettori, dieci in tutto impiegati nel settore alimentare, sono state 931 su 5 600 attività registrate; 19 quelle relative a “catering e servizio party” e, in questo ambito, una sola valutazione insufficiente. "Chi viene giudicato inidoneo non viene necessariamente multato: anche se talvolta vengono interpretate come una sanzione in denaro le spese sostenute dal cantone per l’ispezione, che in caso di anomalie vanno a suo carico”.

Uber-chef: una decina di ispezioni "a random" - Per i pochi ed esclusivi “Uber-chef” auto-segnalatisi, invece, si è cominciato solo nel 2015. "Procediamo a campione, per non disperdere energie là dove serve meno. Il criterio è privilegiare quegli esercizi dove il danno sarebbe più grave. Il sushi è più problematico dei biscotti, il ristorante rischia di nuocere a più persone di un servizio a domicilio. Per ora le ispezioni sono state una decina".

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