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MINUSIO“Il dialetto è una lingua d’integrazione”. Le espressioni più divertenti

31.07.15 - 06:00
Autore per caso, Claudio Pollini ha spopolato con la sua raccolta “A mi i m’à insegnaa inscì”. Esaurita anche la quinta ristampa
“Il dialetto è una lingua d’integrazione”. Le espressioni più divertenti
Autore per caso, Claudio Pollini ha spopolato con la sua raccolta “A mi i m’à insegnaa inscì”. Esaurita anche la quinta ristampa

MINUSIO - Cinque edizioni, 6115 copie vendute : “A mi i m’à insegnaa inscì” è una piccola sorpresa editoriale che non smette di andare a ruba ogni volta che ne esce una ristampa. Il suo segreto? Forse, come dice lo stesso autore Claudio Pollini, nell’aria “c’è  voglia di dialetto. Si è capito, per me finalmente, che il dialetto è una lingua che aiuta l’integrazione. Grandi fan del mio libro sono stati gli svizzero tedeschi residenti in Ticino, così come i portoghesi e gli spagnoli di seconda generazione”.

Quanto il dialetto possa essere un mezzo di integrazione Claudio l’ha sperimentato sulla sua stessa pelle quando lavorava in Svizzera tedesca, “parlavo un ottimo hochdeutsch – racconta – ma è con lo switzerdütsch che le porte mi si aprivano”. Nato a Claro poco più di settant’anni fa, il nostro autore è cresciuto parlando dialetto “non lo scrivevo ovviamente, ho cominciato a farlo per occasioni speciali: compleanni degli amici, inaugurazione di una azienda. Scrivevo cose divertenti in dialetto”.

Mettere nero su bianco una lingua che vive, pulsa ed evolve oralmente non è impresa facile, “lo spunto mi è nato dovendo studiare le lingue straniere, in particolare il cinese: se non aguzzi l’orecchio è impossibile impararlo e parlarlo. Questo mi ha fatto capire che avrei potuto scrivere in qualsiasi altra lingua, solo ascoltando. E nel caso del nostro dialetto non poteva esserci scoperta migliore.

Per la prima edizione ci sono voluti 3 mesi di lavoro, le altre sono seguite a ruota con un ritocco che ha “interessato il lavoro nella misura di un 10% : col passare del tempo saltavano fuori espressioni nuove, troppo belle per non essere incluse, allora dovevo trovare uno spazio”. Di ristampa in ristampa il loro numero non è però cambiato: 1113 erano e 1113 restano, così come immutato rimane lo spirito che anima A mi i m’à insegnaa inscí: “per redigerlo non ho consultato vocabolari, i riscontri li ho chiesti dopo per migliorarne la qualità. Volevo che il risultato finale desse un senso di spontaneità, magari pure con qualche errore, andava bene così”.

Ed è andata bene così! La prima edizione è sparita in un baleno lasciando al suo posto fiaschetti di grappa, bottiglie di nocino e lettere di ringraziamento: “ho conservato tutto in un classificatore, le bottiglie, beh, quelle no…”, ci confessa divertito.

E pensare che i dialetti non gli piacciono molto: “Preferisco le lingue: son più precise, sono più ricche dei dialetti e si prestano meno a equivoci. Insomma le 6-7 lingue che conosco le preferisco al dialetto.

Ci sarà la sesta ristampa? “Mamma mia… è quello che mi chiedono in diversi, di principio rispondo di no, che questa è l’ultima, però ti dico una cosa: le prospettive future sembrano essere molto promettenti”.

Ecco alcune espressioni:

Chèla peltrèra, i sò altaritt la i tegneva ben sc-scondüdi (Quella sgualdrina teneva ben nascosti i suoi segreti)

Quand s’alza l’üsell, sa sc-bassa al cervèll (Quando il maschio è eccitato, non ragiona più)

I düü moros i è nai in bruga (I due fidanzati si sono appartati)

I è drè a fagh la guèra ai casott. Cos’ na pensii? (Hanno dichiarato guerra ai bordelli, cosa ne pensate?)

Un om süla lüna al sarà mai inscì interessant come ‘na dona sota ‘l soo (Un uomo sulla luna non sarà mai interessante come una donna sotto il sole)

In fin da la fera, l’era domà par via d’un goldon (In conclusione, si trattava solo di un preservativo)

I sc-posit i s’à sc-corlaa sù i pellicioni (Gli sposini hanno avuto un rapporto intimo)

La gh’era sü un pedagn cüürt da brivid (Indossava una minigonna da urlo)

L’è ‘n sc-precadonn ünik (E’ uno sciupa femmine)

L’à tiraa sü i sok, fin al bombonigh, senza vardagh in facia a nessün (Ha sollevato la gonna fino all’ombelico, incurante dei presenti)

L’à tiraa föra al regipètt senza sc-biotass.. e quaidun al s’à lüsc-traa la visc-ta (Si è tolta il reggiseno senza svestirsi, e qualcuno si è rifatto gli occhi)

Giò i man dal nikel! (Giù le mani dalla mia donna).

Che gümada! (Che goduta!)

Daagh mia al bütt a tüt i donn! (Non desiderare la donna d’altri)

L’è naja a fà naa (E’ andata a fornicare)

‘Co dinci, che trifola! Cürala da sc-bièss e ocio al sc-tortacoll (Accidenti che sventola! Sbirciala di sbieco e attento al torcicollo)

La sciòra la g’à ‘n bell balcon (La signora ha un seno prosperoso)

I à impollinaa la mè visina da cà (Hanno messo incinta la mia vicina di casa)

Certi i la ciama fragolina. E vialtri? (Alcuni la chiamano vagina. E voi?)

Quand i cavii i và sül grisin, lassa i pedagn e tacat al vin (Quando i capelli diventano grigi, lascia le gonne e bevi il vino)

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