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LUGANOUno "skin" pentito: "L’odio mi ha divorato"

26.03.15 - 08:19
Quando il passato fa rima con razzismo: la storia di un luganese
Uno "skin" pentito: "L’odio mi ha divorato"
Quando il passato fa rima con razzismo: la storia di un luganese

LUGANO - Una vita presa di petto, a calci e pugni. Un passato fatto di violenza e rabbia, di teste rasate e anfibi di ordinanza. Un nemico da abbattere? Il diverso. Questa era l’esistenza di Frank (nome noto alla redazione, ndr.), ex skinhead (anzi naziskin) luganese che ha deciso di raccontare la sua storia durante la settimana contro il razzismo. Ora quella vita l’ha lasciata alle spalle. Solo sulla sua pelle sono visibili i segni, i simboli, di quello che era il suo credo. “I tatuaggi rappresentano quello che ero, non posso nasconderlo - ci dice -. Adesso il mio modo di ragionare è cambiato, ho trovato una pace interiore che prima non avevo”.

Più lo picchiavano, più la rabbia cresceva - “Da piccolo, alle elementari, subivo qualsiasi angheria da parte dei miei compagni. Mi picchiavano, mi emarginavano… sentivo crescere dentro di me una rabbia infinita. Alle medie le cose sono cambiate. Ero talmente arrabbiato con il mondo che mi circondava che ho trovato nel mondo degli skinhead un rifugio. Da lì ho cominciato io a menare le mani. Lo straniero era la mia vittima”.

Caccia alla rissa -“Uscivo di casa solo per cercare… anzi, creare guai. Ogni pretesto era buono per picchiare qualcuno, ero come un toro davanti a un drappo rosso. Non mi fermavo finché non avevo abbattuto, deriso, annientato o umiliato quello che credevo essere il mio nemico”.

Allo stadio? Meglio fuori -“Andavo a vedere qualsiasi partita, di qualsiasi sport. A me non interessava vedere il mio idolo come facevano i miei amici. Io andavo allo stadio per stare fuori e fare rissa con i tifosi avversari. Ma di fondo c’era sempre la politica: ho sempre cercato la rissa con stranieri o con persone di sinistra”.

Le prime denunce, l’ombra delle sbarre - “Un giorno l’ho combinata grossa… molto grossa, purtroppo. Ho esagerato, ma… no… non mi va di parlarne, scusate. Diciamo solo che ho pagato a caro prezzo un mio gesto irresponsabile e che l’ombra delle sbarre è molto buia. Ma alla fine ho visto la luce, per fortuna”.

Dal Mein Kampf ai libri per bambini - “Ero convinto delle mie idee, ma… diciamo che l’amore mi ha fatto aprire gli occhi. Avevo troppo odio dentro di me, quello mi rendeva cieco. Il problema non erano gli altri, il problema ero io. Mia moglie e mio figlio mi hanno cambiato profondamente. Ora non tengo più sul comodino il Mein Kampf ma il libro di fiabe che leggo al piccolo prima della nanna. Mi ritengo un bravo papà, riesco a dare a mio figlio l’amore che io non ho mai ricevuto da piccolo”.

La redenzione - “Se mi guardo indietro mi pento del tempo che ho perso, delle energie che ho sprecato inutilmente. Non rinnego però quello che ero, in fondo mi ha fatto diventare l’uomo che sono ora. A mio figlio sto insegnando la tolleranza, voglio che la sua vita non venga stravolta dall’odio. E voglio anche lanciare un appello: essere razzisti non serve a nulla!”.

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