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LUGANO“Ho detto no e mi hanno licenziato: ma qualcuno lo doveva pur fare”

05.02.15 - 07:09
Parla Lanfranco Sburlino, dipendente Deltacarb dal 1999, senza lavoro perché si è opposto alla riduzione di stipendio retroattiva decisa per 20 altri colleghi e motivata con il franco forte
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“Ho detto no e mi hanno licenziato: ma qualcuno lo doveva pur fare”
Parla Lanfranco Sburlino, dipendente Deltacarb dal 1999, senza lavoro perché si è opposto alla riduzione di stipendio retroattiva decisa per 20 altri colleghi e motivata con il franco forte

LUGANO - Volto sereno, aspetto gioviale, Lanfranco Sburlino ringrazia se lo si lascia parlare. Non si sfoga: spiega, all’esterno dal cancello dell’azienda che lo ha licenziato o più tardi per telefono. Espone limpide le ragioni del suo “no”. Cinquantuno anni, dal 1999 dipendente alla Deltacarb di Pambio Noranco dove rimarrà responsabile di produzione ancora per i prossimi tre mesi, racconta com’è andata senza fare drammi, con le idee precise di chi è convinto di avere la giustizia dalla propria parte. «Una settimana dopo l’abolizione della soglia minima, l’azienda ha convocato un’assemblea e ha comunicato la decisione di decurtare lo stipendio del 15%, in maniera unilaterale». Una misura adottata per i 21 frontalieri; esenti i tre domiciliati in Ticino. «Era il 23 gennaio, per me si trattava di circa 600 franchi. Ma non è neanche questo il fatto. È stato il modo. Chi non ha accettato, è stato messo spalle al muro».

Altri ci hanno provato?
"No. Io sono stato l’unico. Ho detto che la decisione era scorretta, anche in termini di legge".

Poi?
"Il giorno stesso mi hanno spedito una lettera di disdetta. Licenziato. Mi è arrivata a casa, a Erba, lunedì 2 febbraio".

Sconvolto?
"No. Mi avevano avvertito che se avessi fatto storie il rapporto di lavoro si sarebbe concluso così".

Come ha trovato il coraggio?
"Non è questione di coraggio. È questione di palese mancanza di onestà. Qualcuno doveva pur parlare. L’ho fatto io, da solo".

Non si è sentito tradito dai colleghi?
"No. Riesco a capirli, a comprendere le loro ragioni. Ciascuno sa che cosa deve fare a casa propria. Non li biasimo. Mi sono solo preso le mie responsabilità".

Che cosa contesta all’azienda?
"La presa di posizione unilaterale e la retroazione. Hanno deciso di decurtare lo stipendio dal 1° gennaio, quando la soglia minima è stata abolita il 15. Eppure si poteva pensare ad altre soluzioni. Si poteva ridurre l’orario di lavoro, per esempio. C’erano tanti altri modi".

Ha provato a suggerirli?
"Impossibile. È stato solo il titolare a parlare. Non ha voluto ascoltare. Loro hanno preso le loro decisioni. Io ho fatto altrettanto".

Ha paura?
"Assolutamente. Non bisogna avere timore quando si ha la coscienza pulita. Certo, poi avrò bisogno di qualcuno che mi dia una mano. C’è una causa in corso. Con i sindacati, abbiamo chiesto all’azienda di rivedere le sue scelte".

Ora che farà?
"Sono appena arrivato a casa. Aspetto mia figlia per cenare insieme. E domani sarò di nuovo lì. Finché non mi mandano via".

Dica: davvero non si è pentito?
"No. A 51 anni non è che ci si debba pentire di quello che si fa. Io non ho fatto nulla di male. Ho solo chiesto che l’azienda rispettasse i miei diritti, allo stesso modo in cui io rispetto i miei doveri. Vorrei che gli altri quantomeno non li calpestassero".

Lanfranco, come fa a essere così tranquillo?
"Sono fiducioso. La vita è bella e va vissuta. Non è stato il primo lavoro, non sarà l’ultimo".

Crede che sarà reintegrato?
"Dipende dall’azienda. Non è una decisione che mi spetta. Io posso andarle incontro. Non lo faccio solo per me. Lo faccio anche per i miei colleghi, che sono già sui 50-60 anni. Cambiare lavoro, ritrovarsi in un ambiente nuovo a quell’età è difficile".

Anche lei è “sui 50 anni”
"E' vero. Vediamo che cosa ha ancora da offrirmi il mondo del lavoro".

Ha detto che è disposto ad andare incontro all’azienda: cosa intende?
"Anzitutto desidero che ristabiliscano le regole del gioco".

Vuole che reintegrino gli stipendi?
"Voglio che la smettono di usurpare i diritti dei lavoratori. Ma non credo accadrà".

Che cosa glielo fa escludere?
"Ho visto come è andata ad altra gente. Tutti quelli che hanno puntato, sono riusciti a mandarli via".

Anche lei si sentiva puntato?
"Io mai. Mai avuto una discussione. Del resto, non si rimane nello stesso posto 16 anni se si hanno vedute diverse".

Com’è arrivato qui?
"Prima lavoravo a Stabio. Ho avuto un’opportunità migliore, il lavoro era interessante".

Quando ha visto come cominciavano a mettersi le cose in altre ditte, dopo il 15 gennaio, non l’è venuto il sospetto che sarebbe toccata anche a lei?
"No, è stato un fulmine a ciel sereno. Non si penalizzano così i lavoratori dipendenti. In fondo, calcolando circa 500 franchi a testa, che cosa sono 10mila franchi sul budget di un’azienda come questa? Non ci vuole un economista per capirlo. È questo il modo di risanarlo?"

C’era un budget da risanare?
"C’era un budget da rivedere alla luce del rafforzamento del franco. Si è deciso di compensare il disavanzo che ne sarebbe derivato con le riduzioni dei salari. Ma l’azienda va bene, benone. Abbiamo lavorato a gennaio ai soliti ritmi, senza conoscere cali di produzione. Al contrario".

Ha già cominciato a cercare lavoro?
"Non ancora. Andrò dove mi daranno una nuova opportunità. È stata una mia scelta. Ho deciso a mente fredda, non mi hanno colto impreparato. Mi sono rivolto subito ai sindacati, il lunedì successivo all’assemblea ho detto “no”. Così mi hanno esonerato. Mi hanno dato lo stipendio pieno: ma fra tre mesi si libereranno di un fardello. Poi sarà ciò che Dio vorrà".

Si affida a Dio?
"In effetti no. Sono ateo. È la solita frase fatta".

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