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RIAZZINO"Per la morte del mio bimbo, neanche due righe di scuse"

18.12.14 - 09:05
La famiglia del bimbo di 10 anni che ha perso la vita al “California” viene allo scoperto. E punta il dito contro la piscina di Balerna.
"Per la morte del mio bimbo, neanche due righe di scuse"
La famiglia del bimbo di 10 anni che ha perso la vita al “California” viene allo scoperto. E punta il dito contro la piscina di Balerna.

RIAZZINO - La foto spicca sul muro in salotto, addobbata con decorazioni natalizie, un rosario e la scritta: «Siem» con un cuoricino disegnato. Qui il ricordo del bambino di 10 anni affogato tragicamente nella piscina “California” di Balerna è più vivo (e struggente) che mai, dopo l’accusa di omicidio colposo emessa settimana scorsa nei confronti di un’accompagnatrice colpevole, per la Procura, di una «disattenzione fatale». Per i genitori, asilanti giunti dall’Eritrea a questa palazzina di Riazzino dopo un’odissea di pericoli e privazioni, è «una sofferenza che si somma alle altre sofferenze». Quella di vivere in assistenza «come in una prigione senza senso: in quattro anni ho lavorato appena 10 giorni» spiega il padre di Siem, 40 anni, carpentiere. «Non fare nulla ti fa diventare pazzo, è terribile: ho cercato lavoro in decine di aziende, di mia iniziativa, ma è inutile se le istituzioni non si attivano e nessuno garantisce per te». L’impressione è «di essere abbandonati a sé stessi» a cominciare proprio dalla ricerca del lavoro. «Non voglio vivere sulle spalle di nessuno, preferirei mille volte lavorare e vivere del mio sudore - continua il 40enne - Questa assistenza è assurda è frustrante: non sapete quanto sia difficile nascondere ai propri figli la tristezza di sentirsi inutili».

E la tristezza si amplifica nel lutto. «La gente di Riazzino è semplicemente fantastica e non ci ha fatto mancare affetto e solidarietà fin da subito: cogliamo l’occasione per ringraziare tutti di cuore. Ma le istituzioni non ci sono state vicine, e non abbiamo ricevuto una sola parola di scuse dall’amministrazione del California» protesta la madre di Siem, e aggiunge: «È troppo comodo scaricare tutte le responsabilità su una persona. Il mio bambino non è affogato in un lago o in un fiume. Una piscina dovrebbe essere un luogo protetto, il bagnino a cosa serve altrimenti? È una vergogna». Per questo, la coppia spiega di essersi rivolta ora a un avvocato. Il caso, forse, è meno chiuso di quel che sembra.

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