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CANTONEProtetti dagli smottamenti: ma poi chi paga?

12.12.14 - 09:32
Cittadini chiamati alla cassa dopo gli interventi di miglioria nelle zone a rischio, le resistenze non mancano. Il geologo cantonale: “Il problema è che le serate informative sono disertate”
Foto Ti-Press
Protetti dagli smottamenti: ma poi chi paga?
Cittadini chiamati alla cassa dopo gli interventi di miglioria nelle zone a rischio, le resistenze non mancano. Il geologo cantonale: “Il problema è che le serate informative sono disertate”

BELLINZONA - “Mettetemi al sicuro. Però io non pago”. È quello che si sentono dire, di tanto in tanto, i responsabili degli uffici tecnici comunali e gli esperti del Cantone quando si trovano a dovere presentare progetti di premunizione contro frane e smottamenti. Il tema torna di stretta attualità dopo gli episodi mortali di Bombinasco e Davesco, costati la vita a ben quattro persone. A chi tocca pagare la posa di reti paramassi, vasche di contenimento e ancoraggi vari? Giorgio Valenti, geologo cantonale, non ha dubbi: “Per legge, una parte la deve pagare anche il cittadino che gode dei benefici derivanti dai lavori di miglioria”.    

Comunicazione difficoltosa - Il messaggio, tuttavia, non passa sempre con facilità. Lo dimostrano le lamentele che, saltuariamente, vengono sollevate durante le (poco frequentate) serate informative organizzate dal Cantone, o allo sportello comunale dai diretti interessati. Riprende Valenti: “Nei casi in cui sono coinvolte case primarie o secondarie in zona edificabile, scattano i sussidi del Cantone e della Confederazione, che coprono tra il 50 e il 60% delle spese. Il resto è nelle mani dei Comuni. Ogni situazione deve essere valutata. Bisogna ad esempio considerare se l’intervento protegge solo proprietà private o se è coinvolto anche suolo pubblico”.    

Costi alti - L’Ente pubblico spende tra i 15 e i 20 milioni di franchi all’anno in opere di premunizione. E avvia ogni anno una decina di nuovi interventi. “Una rete paramassi - evidenzia Valenti - costa già circa 4.000 franchi al metro lineare. Il materiale è di base parecchio oneroso, poi va considerata la manodopera. Di solito il Comune, promotore dell’intervento, delega a ditte private la realizzazione delle opere”.

Iter e lamentele - L’iter parte da lontano. “Generalmente i geologi redigono una carta del pericolo, la presentano al Municipio e in seguito alla popolazione. E i cittadini hanno la possibilità sia di dire la loro, sia di fare ricorso. Il processo che porta all’adozione delle carte dei pericoli è dunque molto democratico. In caso di conflitto con la zona edificabile, vengono avviati dei progetti di premunizione”. Le resistenze, tuttavia, si fanno sentire. “Il vero problema - sostiene Valenti - è che le serate informative generalmente sono poco frequentate, a volte disertate. Soprattutto nelle zone cittadine. Capita dunque che qualcuno reclami più avanti, senza neanche avere partecipato a una di queste serate”.      

Dubbi sulla legge - Nell’ambito della realizzazione del progetto, il Comune sottopone ai diretti interessati il prospetto dei contributi di miglioria. L’obiettivo è quello di raccogliere il consenso di tutte le parti.. A volte, tuttavia, le discussioni si protraggono a lungo. “Il Comune mette una parte della cifra necessaria. Il resto dovrebbero farlo le parti in causa”. Secondo alcuni, però, dovrebbe essere l’autorità comunale a sobbarcarsi interamente i costi non coperti da Cantone e Confederazione. Come accade per altri tipi di lavori di pubblica utilità. “Ma la Legge sui contributi di miglioria parla chiaro”, conclude Valenti.

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