Cerca e trova immobili

CANTONEEcco come sono trattati i pedofili in prigione

27.10.14 - 06:00
Dopo gli ultimi processi per reati sessuali su bambini, viaggio dietro le quinte di una particolare ala della Stampa con lo psichiatra carcerario Ante Bielic
Ti-Press/Gabriele Putzu 2004
Ecco come sono trattati i pedofili in prigione
Dopo gli ultimi processi per reati sessuali su bambini, viaggio dietro le quinte di una particolare ala della Stampa con lo psichiatra carcerario Ante Bielic

LUGANO - Ricevono un ‘attenzione’ particolare, perché loro non sono detenuti come gli altri. Chi finisce in carcere con una condanna per pedofilia sul groppone non deve solo fare i conti con la sentenza sancita dal giudice. Ma anche con il pregiudizio degli altri carcerati. Il tema torna di stretta attualità, dopo i recenti processi per reati sessuali su bambini nella Svizzera italiana. E riemergono anche le grandi leggende metropolitane. I bimbi non si toccano, reciterebbe una legge tacita in vigore tra i carcerati di tutto il mondo. Capaci di battezzare a sangue i neo arrivati macchiatisi di uno dei crimini più orrendi. "Difficile stabilire quanto questo sia leggenda e quanto no – sottolinea Ante Bielic, psichiatra al carcere della Stampa –. Noi però siamo professionisti, non possiamo permettere che ci sia il minimo rischio per l'incolumità dei detenuti".

Un reato terribile - Sono circa una decina, su un totale di circa 200 carcerati, i detenuti per reati sessuali (dalla pedofilia all'incesto) in Ticino. E proprio a causa della specificità del reato commesso sono confinati in un’ala ben precisa della struttura. "È una prassi in vigore da tempo. Anche perché poi gli altri tendono a fare comparazioni. Chi è in carcere per truffa o per furto si sente comunque un po' migliore rispetto a chi ha commesso atti pedofili o legati alla sfera sessuale. D’altra parte questa separazione permette ai condannati per pedofilia di prendere coscienza di quanto sia terribile il reato commesso". Poi specifica: "Il fatto che abbiano una pena per un reato grave da scontare non significa che debbano essere lasciati in balia degli altri carcerati. Anche perché in carcere la concentrazione di persone con tratti caratteriali dissociali è maggiore rispetto all’esterno. Di conseguenza il rischio di aggressioni è più alto”.   

Aspettative e curiosità - La mediatizzazione dei casi di pedofilia, constatabile negli ultimi anni, ha accresciuto il livello di guardia sulla tematica. "I detenuti hanno la possibilità di leggere i giornali. Sanno che magari arriverà un determinato personaggio, autore di reati pedofili. Si creano attese e aspettative, c'è chi vuole vedere queste persone in faccia, dobbiamo fare ancora più attenzione quindi".

Massimo controllo - In alcune occasioni i condannati per reati sessuali su minori hanno la possibilità di mescolarsi con gli altri carcerati. "Ma solo in circostanze in cui noi abbiamo il massimo controllo e possiamo dunque intervenire rapidamente in caso di difficoltà – ammette Bielic –, capita ad esempio per quanto riguarda le feste o le celebrazioni. Per il resto, forse è meglio che stiano separati. E sono loro stessi a rendersene conto, si sentono più protetti. Va ricordato che non di rado questi detenuti hanno un età molto maggiore rispetto alla media degli altri e sono dunque più vulnerabili”.

Terapia di gruppo - Per il trattamento specifico delle persone condannate per i reati nella sfera sessuale, oltre ai colloqui individuali è stata aggiunta anche una terapia di gruppo. Momenti in cui i condannati hanno la possibilità di ripercorrere i loro errori, esplicitandoli di fronte agli altri. "Questo lavoro di gruppo – evidenzia Bielic – viene portato avanti indipendentemente dalle sedute di psicoterapia individuale. Lo scopo principale è quello di sviluppare la presa di coscienza da parte dei detenuti. Funziona un po' come in una comunità di recupero".

Lavoro di recupero - La reazione al carcere e alle terapie da parte dei detenuti varia da caso a caso. "È molto personale. Alcuni non mostrano mai rimorsi. Altri sviluppano un concreto senso di colpa. Noi cerchiamo di lavorare sulla persona, andando anche al di là del reato commesso e mantenendo sani principi etici. Il lavoro della nostra équipe è complesso, occorre valutare ogni singolo atteggiamento, capire i rischi di ricaduta, evidenziare correttamente i progressi e i fallimenti delle misure messe in atto".

 

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE