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CONFINE / CANTONEGiovani frontalieri del pallone: "Noi li formiamo, il Ticino se li porta via"

23.10.14 - 10:23
La protesta di alcuni allenatori italiani: "Ai giocatori adulti offrono persino un lavoro pur di portarceli via"
tipress
Giovani frontalieri del pallone: "Noi li formiamo, il Ticino se li porta via"
La protesta di alcuni allenatori italiani: "Ai giocatori adulti offrono persino un lavoro pur di portarceli via"

LUGANO - Non solo frontalieri del lavoro, ma anche del pallone. È la polemica scoppiata sul confine del Belpaese. Il problema? "Ho perso 40 ragazzi in cinque anni - racconta Gianpiero Naboni, 65enne dirigente del Viggiù al Corriere della Sera - e la federazione italiana non fa nulla per difenderci".

Un fenomeno, questo, che sembra tutt'altro che isolato. Si tratta di ragazzini italiani che, cresciuti nelle giovanili delle società di confine, ricevono offerte migliori e vengono in Ticino a disputare i campionati.

Una "caccia al giovane talento" che fa indignare gli allenatori: "Ingaggiare gli adulti è normale, ma “rubare” i tredicenni mi pare troppo - sottolinea infatti Antonio Palermo, 57 anni, presidente del Cantello Calcio -: noi li cresciamo e loro li sfruttano quando sono diventati più maturi".

Un fenomeno talmente sentito, questo, che si parla addirittura di esodo. Cantello e Viggiù hanno perso almeno 12 giocatori classe 2001, solo quest’anno. E non sono gli unici. "Noi invece abbiamo perso 7 giocatori di 16 anni in blocco - racconta Roberto Castorino, 48 anni, ds del Luino - sono andati insieme in Svizzera".

Ma come funziona questo meccanismo? Lo spiega ancora Naboni, del Viggù: "Ai genitori vengono dati dei gettoni di presenza. I baby-calciatori vanno a giocare a Rancate, Novazzano, Mendrisio, Chiasso e Lugano, dove trovano club molto organizzati".

In più, va detto, in Svizzera, non c'è bisogno di chiedere alle società il permesso di tesserare i ragazzi (in Italia si deve acquistare il cartellino e trovare un accordo tra società, altrimenti scattano le sanzioni) e alcuni giovani giocatori usano la migrazione in Svizzera per svincolarsi: dopo due anni, si può tornare in Italia e giocare per chiunque.

Inoltre a migrare sono pure gli allenatori e anche qualche giocatore adulto: "Quest’anno avevo costruito la prima squadra per la terza categoria, contando su un difensore centrale di 25 anni molto bravo - osserva Alberto Palermo del Cantello -: è un albanese che lavorava in un supermercato. Mi ha piantato in asso per andar in Svizzera, dove gli daranno anche un posto di lavoro fisso in Ticino". 

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