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CORRISPONDENZE ESTEREVi racconto Chernobyl, 28 anni dopo

28.04.14 - 10:30
Una città fantasma raccontata dal ticinese Jack Filippini che si è recato sul luogo dell'incidente e ha raccontato a parole e in immagini quel che resta di un paesino sconosciuto che 28 anni fa è diventato il simbolo della paura
Foto Jack Filippini
Vi racconto Chernobyl, 28 anni dopo
Una città fantasma raccontata dal ticinese Jack Filippini che si è recato sul luogo dell'incidente e ha raccontato a parole e in immagini quel che resta di un paesino sconosciuto che 28 anni fa è diventato il simbolo della paura

CHERNOBYL - Il 26 di aprile di 28 anni fa l’umanità si trovava per la prima volta a fare i conti con la potenza distruttiva dell’energia nucleare.

Era all’incirca l’una e mezza di notte quando il reattore numero quattro della centrale nucleare di Chernobyl, cittadina dell’allora Unione Sovietica, esplose segnando un tragico prima e dopo nella storia del mondo. Secondo le testimonianze degli abitanti dei villaggi vicini, un’enorme lingua di fuoco sprizzò verso il cielo della notte russa. In effetti, il fuoco dell’esplosione arrivò a oltre 1000 metri d’altitudine. L’incidente di Chernobyl, in un primo momento tenuto nell’ombra da parte delle alte sfere di Mosca, ha compiuto sabato 28 anni.

Qualche giorno fa, ho avuto la fortuna di poter assistere a una delle visite organizzate nella Exlusion Zone di Chernobyl. Questa è l’unica forma di avvicinarsi al reattore numero quattro, alla città fantasma di Pripyat e ai villaggi ormai scomparsi a causa dell’incidente. A 40 km dalla centrale nucleare incontriamo il primo checkpoint dell’esercito ucraino. In questa prima zona si trovano i primi villaggi evaquati dopo il disastro, tra cui il paesino di Chernobyl, oggi in parte rinato grazie alla gente che ha ripreso a lavorare alla centrale – lo smaltimento delle scorie richiede un tempo quasi incalcolabile - e a qualche abitante originario che ha deciso di tornare. Oggi sono circa 9’000 gli adetti ai lavori che soggiornano stabilmente qui e un centinaio gli antichi abitanti che hanno deciso di riprendere possesso delle loro case. Regolarmente, tutti devono passare degli esami per controllare il livello delle radiazioni.

Il secondo chekpoint si trova a un raggio di 10 km e include il tristemente noto reattore 4. Il piano originale delle autorità sovietiche era di costruire dodici reattori, quando il progetto s’interruppe nel 1986 era in corso la costruzione del sesto, mai terminato. Una volta resosi conto dell’entità del disastro iniziò la pianificazione per ricoprire i residui. Se i paraggi della centrale erano stati cotaminati a causa delle scorie più leggere trasportate da vento e pioggia, quello che più preoccupava erano i residui pesanti come l’uranio e il plutonio. Le condizioni non permettevano alle persone di stare nei pressi del reattore per più di pochi minuti e quindi portare a termine il lavoro fu una vera e propria impresa. Proprio in questi mesi è stata completata la prima metà del nuovo tetto per il reattore numero 4 e che andrà a sostituire l’originale.

Senz’ombra di dubbio, la parte più impressionante di tutto il tour è passeggiare tra le vie ricoperte di piante e erbacce della città fanstasma di Pripyat. Fondata nel 1970, questa città accoglieva 50'000 abitanti al momento del distastro, di cui 10'000 impiegati nella centrale. Moderna e vivace, la cittadina non smetteva di crescere. Andavano così bene le cose a Pripyat, che sembra che il salario medio della popolazione fosse di due volte superiore a quello del resto del paese. A Pripyat dalla fine di aprile del 1986 non vive più nessuno, in fretta e furia la città si svuotò e in meno di trent’anni la vegetazione si è fatta largo tra l’asfalto e i grandi edifici vuoti in classico stile comunista che creano un ambiente surreale. Più o meno legalmente abbiamo potuto entrare nella vecchia scuola e il centro sportivo. Banchi, lavagne e alcuni libri sono ancora lì, nascosti solo in parte dalla polvere. L’atmosfera è agghiacciante. Qualcuno ricorderà una delle immagini più celebri della città: la ruota panoramica abbandonata; ma pure gli autoscontri e le giostre vuote fanno venire i brividi. A Pripyat ci sono alcune zone calde in cui le radiazioni raggiungono ancora livelli importanti. Ad ogni modo, un esposizione limitata non è più pericolosa di un volo transatlantico secondo gli esperti. 
Clamorosamente, in un primo momento le autorità sovietiche vollero mantenere segreto l’incidente e tra le decisioni più controverse prese dal governo di Mosca ci fu pure quella di riattivare i primi tre reattori pochi mesi dopo la catastrofe. La centrale nucleare di Chernobyl smise di funzionare definitivamente solamente nel 2000. Chernobyl è ancora oggi un tema d’attualità, e se l’esplosione fece “solamente” un morto, le conseguenze di quel giorno mietono vittime ancora ai giorni nostri. 

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