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CANTONELa foto del dipendente che non esiste, ma che li riassume tutti

28.04.14 - 07:30
Si chiama "Social portrait" ed è il progetto del fotografo Simone Mengani in mostra alla Galleria Cons Arc di Chiasso per scoprire la "somma visiva di un'esperienza sociale comune"
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La foto del dipendente che non esiste, ma che li riassume tutti
Si chiama "Social portrait" ed è il progetto del fotografo Simone Mengani in mostra alla Galleria Cons Arc di Chiasso per scoprire la "somma visiva di un'esperienza sociale comune"

LUGANO - "Chi si somiglia si piglia", recita un vecchio detto popolare. Ma è così anche sul posto di lavoro? O meglio, è possibile che lavorare insieme renda simili? Forse. A questa idea ha lavorato il fotografo ticinese Simone Mengani (il suo sito). "Un progetto nato quasi per caso", ci spiega.

Il lavoro da quel momento si è evoluto. Ed è nato "Social portrait", in mostra fino al 18 maggio alla Galleria Cons Arc di Chiasso. A guardare le fotografie di Simone si direbbero solo dei ritratti, eppure quei volti non esistono nella realtà. "Sono infatti il risultato della sovrapposizione degli scatti di persone che condividono lo stesso lavoro, la somma visiva di un'esperienza sociale comune - ci spiega il fotografo -. Dalle 18 soccorritrici della Croce verde di Mendrisio, ai calciatori del Chiasso, fino alla sovrapposizione di 34 salumieri".

Qual è l'idea alla base del progetto?
"Ho individuato delle aziende, o delle realtà lavorative, dove sapevo fosse presente questo spirito di appartenenza tra dipendenti e azienda. Queste foto fanno emergere proprio l'appartenenza ad un gruppo: qui vengono valorizzate le somiglianze anziché le differenze del singolo individuo".

Quali sono gli ingredienti di questa opera, una macchina fotografica, photoshop e l'idea di base o l'operazione è stata più complessa?
"Come tutti i lavori fotografici mi rendo sempre più conto che la parte più interessante riguarda l'organizzazione che sta dietro al progetto. Per me è stato fondamentale poter dare un'occhiata all'interno di queste aziende, vedere gli spazi comuni che rivelano molto sull'ambiente lavorativo e sullo spirito di appartenenza".

Il luogo che più dimostra questo spirito di appartenenza?
"Credo la sala pausa. È un luogo che prima di tutto mostra il rapporto tra azienda e lavoratore. Lo si percepisce dagli spazi concessi. In secondo luogo rivela, a seconda dell'accoglienza, anche l'affiatamento. Come accade, per fare un esempio, alla Croce Verde. Devono lavorare in team, fanno turni complessi e lunghi. Qui è importante che ognuno si senta parte del gruppo".

Lavorare rende simili?
"In fondo sì. In molte realtà lavorative, poi, anche la divisa contribuisce ad omogeneizzare il gruppo".

Ci sono delle peculiarità che ha notato per ciascuna professione analizzata?
"Ci sono delle realtà dove chiaramente lo spirito di gruppo è più forte. Un esempio può essere quello dei calciatori. Loro adottano addirittura dei rituali di gruppo. Vi è anche un contatto fisico maggiore. Prima di una partita, per esempio, si abbracciano..."

Il gruppo più omogeneo e quello più eterogeneo?
"L'omogeneità nel risultato finale dipende, ovviamente, anche dal numero di immagini sovrapposte. Più dipendenti ho fotografato, per esempio i 47 collaboratori Ubs, più le differenze sono andate sparendo, con un risultato finale uniforme".

Questo progetto, ora, dove ti porterà?
"Tra due settimane sarò in mostra anche a Zurigo. "Social portrait" è stato scelto come uno dei migliori dieci progetti fotografici in Svizzera, in ambito editoriale. Il mio lavoro, inoltre, non è concluso. Sono sempre alla ricerca di nuove realtà lavorative, e non, da fotografare".

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