Il 25% degli impiegati bancari assume antidepressivi. Radiografia di un sistema sull'orlo di una crisi di nervi con Raffaella Delcò, psicologa del lavoro
LUGANO - Circa il 25% degli impiegati di banca in Svizzera assume farmaci antidepressivi o sonniferi. Il dato, allarmante (legato a uno studio di qualche anno fa), è tornato d’attualità grazie agli appelli di Denise Chevret, direttrice dell’Associazione svizzera impiegati di banca. La percentuale fa rabbrividire se si pensa che i consumatori di farmaci delle altre categorie si assestano attorno al 10%. Sulla questione abbiamo interpellato Raffaella Delcò, psicologa del lavoro con un’esperienza ventennale nel settore bancario. La sua è un’analisi che parte da lontano.
“Le banche – spiega - vivono oramai da tempo in una sorta di occhio del ciclone. ‘Colpa’ anche degli scandali mediatici degli ultimi anni. Le figure del banchiere e del bancario subiscono tuttora una sorta di riposizionamento identitario piuttosto disorientante. Da professioni rispettabili sono diventate poco amate dall’opinione pubblica. Già di per sé questo è un cambiamento che mette in crisi il lavoratore”.
Queste sono riflessioni legate alla professione in generale. Spesso però è il singolo individuo a soffrire…
E qui spetta al singolo dipendente stabilire oltre quale limite non riesce ad andare. Cercare di definire qual è la propria soglia di sopportazione. L’allineamento tra i valori aziendali e quelli dell’individuo è possibile. Il fatto è che l’ambiente bancario è individualista e quindi spesso si ha la sensazione di essere soli nel sorreggere i problemi.
E c’è anche una buona dose di incertezza.
Ad esempio c’è quella dovuta alla sempre maggiore complessità del contesto economico e finanziario mondiale, insieme alle incalzanti richieste in materia di regolamentazioni fiscali provenienti da molti Paesi esteri. Poi c’è l’incertezza vissuta dai collaboratori in seguito a vendite o a fusioni con altri istituti finanziari. E ancora: l’incertezza dovuta alla crisi, che impone la ridefinizione delle strategie aziendali e che mette in forse la sicurezza del posto di lavoro.
Si ha la sensazione che l’ambiente bancario sia selettivo a dismisura. È così?
Tutto l’ambiente finanziario è esigente in termini di competenze richieste e di obiettivi da raggiungere. Si ha un orientamento all’eccellenza e alla competizione. Caratteristiche queste che in parte vanno a beneficio di un’accresciuta motivazione personale ma che, abbinate a un sempre crescente onere lavorativo, mettono a dura prova la sopportazione dello stress.
Quali sono i rischi che ne conseguono?
Quando l’ ‘optimum’ viene troppo spesso oltrepassato, allora il benessere personale diminuisce e si innesca un circolo vizioso di stanchezza. Alla lunga può sfociare in un malessere cronico: le molte ore passate sul posto di lavoro, il fatto di rendersi disponibile praticamente 24 ore al giorno, ferie comprese, la difficoltà a staccarsi anche solo mentalmente dalle faccende professionali, la lista dei ‘lavori in sospeso’ che non accenna a diminuire, possono portare i lavoratori ad assumere un comportamento ‘reattivo’. Un comportamento volto all’immediato e imposto dalle continue urgenze, perdendo così la percezione dell’agire sul lungo periodo, elemento necessario per una buona efficacia personale.
In alcuni contesti è pure difficile rendersi conto del proprio reale contributo alla causa. Conferma?
Sì. Soprattutto nelle grandi organizzazioni, in cui i passaggi e i processi verso l’implementazione delle strategie sono molteplici, può risultare difficoltoso per l’individuo riconoscere l’impatto del proprio contributo al raggiungimento degli obiettivi aziendali. E questo può portare a una sorta di alienazione percepita tra il sé e il gesto.
In altre parole?
Quando una persona non riesce a comprendere, nel contesto aziendale, l’impatto e l’utilità del proprio agire, può sviluppare insoddisfazione che si trasformerà con il tempo in un sentimento di impotenza. Il fatto di riuscire a percepirsi come “protagonisti” della propria vita professionale costituisce un elemento fondamentale per la motivazione e per il benessere personale. E se così non è, la persona può risentirne fino a perdere il significato del proprio agire e a sviluppare malessere.
Per chiudere: quanto pelo sullo stomaco ci vuole, oggi, per lavorare in banca?
Parecchio. L’ambito bancario è sicuramente sfidante. Le cose con il tempo potrebbero cambiare. Ma il presente è questo e i collaboratori lo sanno.