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TICINOE ora il datore di lavoro che spia, pagherà...

31.01.13 - 15:23
Il caso Ottini farà giurisprudenza? L’esperto: "Sono diverse le aziende che installano programmi spia sul computer dei dipendenti"
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E ora il datore di lavoro che spia, pagherà...
Il caso Ottini farà giurisprudenza? L’esperto: "Sono diverse le aziende che installano programmi spia sul computer dei dipendenti"

BELLINZONA – Spiato, licenziato e infine, dopo quasi tre anni di calvario, riabilitato. È la storia di Marco Ottini, ex comandante aggiunto della Protezione civile del Bellinzonese, accusato di usare parte del tempo di lavoro per sbrigare questioni private al computer. Il suo caso ora potrebbe fare giurisprudenza. Perché il Tribunale federale ha stabilito che è illegale installare un ‘programma spia’ sul pc di un proprio dipendente. Per l’Alta corte esistono altri strumenti per stabilire il grado di impegno di una persona sul posto di lavoro. “In altre parole – dice Brenno Canevascini, presidente dell’Ordine degli avvocati ticinesi –, il datore di lavoro che deciderà di spiare i propri collaboratori in un modo analogo, potrebbe dovere fare i conti con la giustizia”.

Viva la privacy - L’interesse per l’accertamento della verità non può prevalere sulla tutela della privacy. È questo in estrema sintesi quanto sancito dal Tribunale federale. Sentenza importante, perché a installare programmi spia sui computer dei dipendenti non è solo la Protezione Civile del Bellinzonese. Paolo Attivissimo, esperto di informatica, spiega: “La questione è controversa. Chi ricorre a simili strumenti non va in giro a dirlo. Anche perché inquinerebbe i rapporti di lavoro. Si sa però che ci sono diverse aziende che ricorrono a sistemi del genere per fare un monitoraggio. Al momento della firma del contratto non te lo dicono apertamente, ma in un certo senso ti fanno capire che sarai controllato”. 

Come funzionano i programmi spia - Attivissimo spiega poi in cosa consistono questi programmi spia (a Bellinzona era stato usato lo ‘Spector Pro’): “Teoricamente possono registrare tutto. Alcuni, i più semplici, si limitano a registrare gli indirizzi dei siti. Altri, più sofisticati, registrano tutte le schermate. E in certi casi, dove c’è una videocamera, si può addirittura vedere se il dipendente è davanti al computer o se è assente. Sono programmi che esistono già da anni. È un mercato a cui fanno ricorso anche i criminali”.

Trasparenza - Meinrado Robbiani, sindacalista OCST, pone l’accento sulla necessità di trasparenza. “Dal nostro punto di vista il datore di lavoro non ha il diritto di spiare il dipendente. In ogni caso, qualsiasi forma di controllo andrebbe comunicata chiaramente. La questione è simile a quella delle telecamere di videosorveglianza. Il dipendente dovrebbe essere sempre perlomeno informato”. E poi aggiunge: “Il caso Ottini farà giurisprudenza? Potrebbero essere introdotte sanzioni tali da dissuadere il datore di lavoro a fare ricorso a certi mezzi”.

Siti indesiderati - Attivissimo, dal suo punto di vista, ricorda come “il monitoraggio preventivo dei dipendenti non è permesso già da tempo in altri Paesi. La prevenzione si fa in altro modo. Ad esempio bloccando i siti indesiderati. Il caso Ottini è comunque una buona occasione per ricordare che gli strumenti di lavoro non vanno usati per scopi personali. Ognuno di noi oggi ha un telefonino che è simile a un computer. Se proprio bisogna fare altro in ufficio, si usi il cellulare”.

Il confine - Di recente a livello federale sono state rafforzate le direttive legate alla protezione dei dati personali. “Tuttavia – conclude Canevascini – resta davvero difficile stabilire un confine preciso tra la legalità e l’illegalità in questo ambito. Anche perché sia il dipendente, sia il datore di lavoro possono avere le loro ragioni. La via giusta? Parlare chiaro con i dipendenti e bloccare eventuali siti scomodi”. 
 

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