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TICINOTicinese da Tokyo: "Ecco come affrontare il terremoto"

01.06.12 - 16:12
Nadja, che in giappone Giappone ha vissuto il sisma dell'11 marzo 2011, riponde alle ansie e paure di Cinzia e di tutti i terremotati dell'Emilia
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Ticinese da Tokyo: "Ecco come affrontare il terremoto"
Nadja, che in giappone Giappone ha vissuto il sisma dell'11 marzo 2011, riponde alle ansie e paure di Cinzia e di tutti i terremotati dell'Emilia

LUGANO - Da oltre 10 giorni Cinzia (la ragazza di Gonzaga che ci aveva raccontato la sua testimonianza del terremoto in Emilia) non riesce a chiudere occhio. Alla sua ansia e alle sue paure risponde Nadja, ticinese in Giappone che il terremoto l’ha vissuto sulla propria pelle: “A lei mi viene da dire di stare tranquilla, dopo una scossa importante è normale che ce ne siano altre d’assestamento. E poi di prepararsi allo stress post trauma. Che io ho vissuto in prima persona”.

Dopo l’episodio dell’11 marzo e il caso Fukushima Nadja infatti è tornata in Ticino. Per diverso tempo ha continuato a sentire scosse di terremoto anche quando non ce n’erano. “Era il mio corpo che cercava di adattarsi a una situazione di forte stress – spiega -. Ci sono voluti diversi mesi perché questa cosa passasse e paradossalmente sono dovuta tornare in Giappone per stare meglio. In Ticino, dopo il disastro, mi sentivo un pesce fuor d’acqua. Nessuno capiva la mia condizione, tutti continuavano a farmi domande. Quando quello che volevo era solo non pensarci Dall’11 marzo 2011 la mia vita è cambiata, non faccio più tanti piani”.

Oggi Nadja, da 4 anni a Tokyo, ha imparato a convivere con una terra che trema di continuo. “L’ultima scossa c’è stata questo pomeriggio – spiega -. Un’altra martedì notte verso le due. Diciamo che di scosse importanti ce ne sono due o tre la settimana. Sempre. Solo l’anno scorso, da marzo a dicembre, in Giappone ci sono stati circa 9mila terremoti”.

Come quello dell’11 marzo 2011, che i giapponesi attendevano, ma che nessuno pensava sarebbe stato tanto devastante. “C’erano state diverse scosse che anticipavano quella significativa – racconta Nadja -. In Giappone sono molto più abituati a questo tipo di fenomeni, sperano soltanto che la scossa non sia troppo forte.

Mentre quella dell’11 marzo lo è stata, eccome. “Non ci aspettavamo un terremoto così,  tuttavia credo sia stato diverso rispetto a quello che sta accadendo in Italia. Soprattutto dal punto di vista dell’approccio. È nella mentalità dei giapponesi il non affrontare queste circostanze con il panico”. Nadja ricorda nitidamente le persone per strada, tranquille all’apparenza, ma che, guardate attentamente, lasciavano trasparire come fossero in realtà sopraffatte dagli eventi: “La gente camminava per la strada, nessun mezzo pubblico era in funzione. Metropolitana chiusa, strade intasate, si doveva tornare a casa a piedi ed era insolito vedere per una volta questi giapponesi, che di solito vanno diritti per la loro strada, fermarsi a guardare i danni. Perché di danni ce ne sono stati anche se in linea di massima gli edifici sono costruiti con veri criteri antisismici”.

Eppure, proprio in situazione come queste, emerge la forza di un popolo che ha imparato a convivere con la propria terra e i suoi problemi. “I giapponesi sono preparati ai terremoti – spiega la ragazza ticinese -. Già da piccoli sanno esattamente cosa devono fare in questi casi. Non sono stati sopraffatti dal panico e dai dubbi su come muoversi. Si tende a non drammatizzare e a non prendere decisioni affrettate. Nessuno a iniziato a cercare dei colpevoli. Piuttosto si è operato per  aiutare la gente e poi per ricostruire ciò che il terremoto aveva distrutto, ma con molta calma. Non ho mai sentito dire: “I soldi dove li troviamo””.

Oggi il Giappone ha voltato pagina, nonostante alcune cicatrici non ancora del tutto rimarginate. “A distanza di un anno non ci sono stati grandi cambiamenti – conclude Nadja -. Chiaro, dopo quello che è successo a Fukushima ci si preoccupa di più per l’approvvigionamento energetico. Con l’arrivo dell’estate la gente inizia a domandarsi se potrà usare l’aria condizionata o meno. Come l’anno scorso, si cerca di stare attenti, di non consumare troppo, di usare i ventilatori invece dell’aria condizionata o di spegnere la luce nelle stanze che non si usano. Piccoli accorgimenti insomma sperando che l’Estate non sia troppo calda. Dal punto di vista dell’approvvigionamento alimentare invece si cerca di stare attenti ai prodotti che arrivano dal nord, ma, in linea di massima, ognuno pensa per sé”.

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