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TICINO51mila frontalieri: "Non ce la facciamo più, intervenire prima che sia troppo tardi"

25.08.11 - 13:15
Ancora in aumento i lavoratori frontalieri, mentre aumentano i casi di persone in assistenza in Ticino. La testimonianza di una giovane lavoratrice ticinese e l'appello di Pierre Rusconi (UDC)
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51mila frontalieri: "Non ce la facciamo più, intervenire prima che sia troppo tardi"
Ancora in aumento i lavoratori frontalieri, mentre aumentano i casi di persone in assistenza in Ticino. La testimonianza di una giovane lavoratrice ticinese e l'appello di Pierre Rusconi (UDC)

BELLINZONA - L'aumento dei lavoratori frontalieri non si arresta. Le ragioni di questa evoluzione sono note: il lavoratore frontaliere si può permettere di accettare paghe inferiori rispetto ai residenti, è maggiormente disposto a lavorare di più e per meno, è più flessibile e ha una disposizione mentale e  d'approccio al lavoro diversa dai ticinesi. Quest'ultima osservazione ci è arrivata ieri da una giovane lavoratrice ticinese (per ovvie ragioni preferisce mantenere l'anonimato) che, assunta negli uffici di un'azienda con sede nel Mendrisiotto, si è vista costretta ad andarsene dopo poche settimane dalla assunzione: "Le condizioni di lavoro erano impossibili. Il 95% degli addetti era frontaliere, il mio capo era frontaliere. Bastava un sospiro per essere richiamati, pause non ce n'erano. E' come se fossi stata un elemento di disturbo, penso proprio perché ero l'unica svizzera".

Parole forti, uno spaccato di realtà comune a molti lavoratori ticinesi: "La mia paga mensile era di 3000 franchi lordi". Difficile immaginarsi la bella vita e progettare un futuro simile ai suoi colleghi frontalieri, avvantaggiati dal cambio favorevole. "La ditta era di proprietà italiana. Mi dicevano che in tanti sarebbero stati disponibili a prendere il mio posto e quindi, indirettamente, mi facevano capire che i 3000 franchi che guadagnavo erano più che sufficienti e di non lamentarmi troppo".  

E intanto, se il numero di frontalieri aumenta, in Ticino aumentano anche i casi di persone in assistenza: nel dicembre del 2010 erano in 4333, a fine luglio 4790.

Sul fenomeno, che sta assumendo sempre più un problema di natura sociale nel nostro cantone, secondo il presidente dell'UDC Ticino Pierre Rusconi, sono urgenti nuove misure politiche atte a ridare possibilità di lavoro agli svizzeri, confrontati con una concorrenza in tutti gli ambiti di lavoro...

Presidente, siamo arrivati a 51000 frontalieri...
"E' un nuovo record. Per nulla sorprendente".

A livello svizzero il 59% dei frontalieri lavora nel settore del terziario, il 40% nel secondario... Come interpretare questi dati?
"I nostri imprenditori dovrebbero assumersi la propria responsabilità sociale, indubbiamente. Oltre a questo ci sarebbero misure da prendere al più presto. Misure che abbiamo inserito nella nostra iniziativa, tra cui ricostituire la clausola della priorità ai residenti. Non c'è altra soluzione".

E' vero che proprio ieri da Swissmem, l'organizzazione degli industriali metalmeccanici, sono giunte critiche alla vostra iniziativa...
"E ci credo. A loro fa comodo questa situazione. E' l'egoismo di pochi allo scapito di tutti".

Ma l'UDC da che parte sta? Come conciliare il no ai bilaterali e la richiesta di più libertà imprenditoriale?
"Attenzione, sui bilaterali la discussione è di lunga data e di principio nessuno vi si è mai opposto. La nostra richiesta è un'altra: la ridiscussione. E' giunto il momento di ridiscuterli perché la situazione economica e sociale non è più quella dell'Europa a 15 degli anni '90. E come tutti i contratti si possono ridiscutere anche questi accordi. Non ce la facciamo più ed è il tempo delle scelte. Perché il problema è diventato ormai sociale".

La scelta lei diceva poc'anzi, è quella di reintrodurre la clausola di precedenza ai residenti. Come andarglielo a spiegare agli industriali ticinesi e svizzeri?
"Attenzione, non solo il secondario "vive" grazie a questi accordi. C'è anche il terziario. E' una questione di mera convenienza. Nella stragrande maggioranza dei casi la scelta cade sul frontaliere non perché in Svizzera di profili come il suo non se ne trovano, ma semplicemente perché costa di meno. E quindi a quelli che fanno così e poi sui loro prodotti o servizi ci mettono su la balestra e Guglielmo Tell e poi se ne fregano della Svizzera inviterei a farsi un esame di coscienza. La mia scelta è stata quella di assumere solo personale svizzero. Mi costa dai 70 agli 80mila franchi in più all'anno".

Se però all'UDC si parla di contratti collettivi di lavoro o salari minimi non è d'accordo... Perché?
"Non sono la soluzione. Il commercio è libero. Non dobbiamo confondere frontalierato e libera impresa. Non dobbiamo diventare tutti di sinistra con la semplice motivazione che ci sono troppi frontalieri. Non dobbiamo mettere fardelli inutitli che peggiorerebbero le cose in fatto di concorrenza, vista anche la forza del franco. Vogliamo trovare una soluzione accettabile. Noi non diciamo via i frontalieri, ma non ci possiamo neppure permettere 10mila persone da mantenere, perché i frontalieri costano meno alle aziende.

I lavoratori frontalieri peggiorano anche la situazione delle tutele delle condizioni di lavoro in Svizzera?
"Diciamo che costano meno. L'imprenditore ci guadagna e la collettività si accolla i costi per coloro che qui il lavoro non ce l'ha".

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