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TICINODopo il dramma sui binari...

08.03.10 - 15:53
Dario Guadagnini, assistente sociale delle FFS, gestisce i casi in cui il macchinista del treno è coinvolto in episodi di suicidio o di incidente.
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Dopo il dramma sui binari...
Dario Guadagnini, assistente sociale delle FFS, gestisce i casi in cui il macchinista del treno è coinvolto in episodi di suicidio o di incidente.

LUGANO – Dario Guadagnini è un tranquillo signore di mezza età. Stretta di mano sicura, aria semplice e parlata cordiale. Lui, da parecchi anni, è assistente sociale per le Ferrovie federali svizzere. Tra i suoi compiti ce n’è uno particolarmente delicato: assieme a un altro professionista assiste i macchinisti dei treni coinvolti nei casi di suicidio o di incidenti a persone. Proprio come quelli che hanno contraddistinto il difficile inizio d’anno ticinese. “A sconvolgere il macchinista – spiega – è l’imprevedibilità di questi episodi. Spesso vi è una sensazione di impotenza da parte dei macchinisti coinvolti. Il treno necessita infatti di spazi di frenata molto lunghi prima di arrestarsi e nella maggior parte dei casi non si fa in tempo a evitare la persona sui binari”.

Dopo un investimento, qual è la prima cosa che fa un assistente sociale?
"Sul luogo del dramma di solito il primo intervento è fatto da un superiore diretto del macchinista coinvolto. Nelle ore successive, io cerco di mettermi in contatto telefonicamente con il macchinista. È una chiamata di cortesia che mi permette di  capire come sta e come sta reagendo all’accaduto. In seguito invito la persona confrontata con uno shock di questo tipo a farmi visita in ufficio".

Con quale scopo?
"L’incontro, che non è assolutamente obbligatorio, ha l’obiettivo di permettere al macchinista di ‘buttare fuori’ quello che ha dentro. Di liberarsi dalle possibili angosce e dai possibili sensi di colpa. Il tutto si svolge in modo confidenziale, riservato e in un ambiente il più possibile rilassato. Il mio interlocutore deve sentirsi assolutamente a suo agio. Il macchinista è perfettamente a conoscenza che quanto accaduto fa parte dei rischi del mestiere e che queste cose purtroppo possono malauguratamente capitare. Ad alcuni non succede mai. Ad altri addirittura due o tre volte nell’intera carriera. Ecco perché la formazione aziendale dei macchinisti prevede dei corsi mirati che spiegano come affrontare questa problematica, qualora dovesse effettivamente presentarsi nella vita professionale del ferroviere".

Chi è coinvolto in questi casi fatica a tornare a lavorare?
"I casi di abbandono dell’attività professionale sono rarissimi. Nella stragrande maggioranza dei casi i macchinisti riprendono la loro attività, che considerano quasi come una vocazione. Ogni singola persona comunque reagisce a modo suo. Non si può generalizzare. Di solito si consiglia al macchinista di stare a casa alcuni giorni, in modo da staccare la spina e rimanere con la sua famiglia. C’è comunque anche chi desidera tornare a lavorare subito. Come vi è pure chi, nel caso in cui i sintomi e le reazioni del trauma subìto si protraggano nel tempo, richiede un sostegno attivo da parte di uno psicologo e una terapia parallela al reinserimento professionale".
 
Qual è, da assistente sociale, la sua difficoltà più grande in questi casi?
"Il riuscire a entrare in empatia con il macchinista. Come detto un treno in corsa, per frenare, necessita di uno spazio che può raggiungere  anche il chilometro. Nella quasi totalità dei casi è dunque impossibile evitare l’impatto con la persona che si trova sui binari in quel momento. Si prova un senso di frustrazione. Anche perché si tratta sempre di episodi improvvisi. Se la tragedia si verifica di notte, di solito il macchinista non riesce a vedere la persona travolta. Di giorno, invece, c’è un’altra percezione, quella visiva. E il ‘trauma’ è più difficile da metabolizzare. Il macchinista, comunque, non è mai lasciato solo dalle FFS e dai suoi superiori".

Quante situazioni simili si verificano ogni anno in Svizzera?
"Lo scorso anno in Svizzera ci sono stati 219 incidenti sui binari. La cifra è globale e comprende i ferimenti e i decessi di persone terze. Contrariamente a quanto possano far supporre gli ultimi casi d’inizio anno, gli eventi tragici in Ticino si contano ogni anno sulle dita di una mano. Purtroppo però nessuno può sapere quando accadono".

Patrick Mancini

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