Cerca e trova immobili

ZURIGOProgrammò un attentato al giornale, condannato

26.09.17 - 11:55
L'uomo aveva mandato alla redazione un pacchetto esplosivo contenente una bomba a mano a frammentazione nascosta in una fornitura di vino
Keystone
Programmò un attentato al giornale, condannato
L'uomo aveva mandato alla redazione un pacchetto esplosivo contenente una bomba a mano a frammentazione nascosta in una fornitura di vino

ZURIGO / BELLINZONA - Il Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona ha condannato a dieci anni di reclusione un 41enne con doppia cittadinanza svizzera e macedone accusato di aver cercato di perpetrare nel 2002 un attentato a Zurigo contro il giornale albanofono "Bota Sot". Per un soffio venne evitata una strage, anche di bambini.

L'imputato è stato riconosciuto colpevole di ripetuto tentato assassinio. L'accusa chiedeva undici anni di reclusione, mentre la difesa si era battuta per l'assoluzione. Una pena pecuniaria sospesa è stata inoltre inflitta per infrazione alla legge sulle armi.

L'uomo era accusato di aver voluto uccidere i membri della redazione del quotidiano con un pacchetto esplosivo contenente una bomba a mano a frammentazione nascosta in una fornitura di vino, inviata al caporedattore da un ufficio postale di Zurigo-Oerlikon il 26 settembre 2002 e recapitata il giorno seguente.

Nel corso del dibattimento svoltosi in agosto l'uomo ha ammesso di aver mandato il pacchetto con la granata, di fabbricazione russa. A suo avviso questa non era però in grado di funzionare: se ne era accertato lui stesso effettuando un test.

Per l'uomo si trattava solo di "dare una lezione", facendo paura ai redattori: non vi è mai stata la volontà di uccidere, ha fatto presente il difensore. Mancava quindi la componente soggettiva del reato. Per contro rimaneva la minaccia: questa sì di per sé punibile, ma nel frattempo caduta in prescrizione.

Stando al Ministero pubblico della Confederazione (MPC) l'inchiesta ha però messo in luce che l'ordigno era, al contrario, perfettamente funzionante: il meccanismo di detonazione a tempo non si era attivato solo perché il pacchetto era stato aperto lateralmente e non dall'alto.

La Corte ha ritenuto poco plausibili le affermazioni dell'imputato e ha seguito le indicazioni della procura. Solo il caso ha fatto sì che il pacchetto non esplodesse, ha detto la presidente della Corte durante la lettura della sentenza. Secondo il tribunale l'imputato ha agito con mancanza di scrupoli e con modalità particolarmente perversa: non conosceva le persone che sarebbero potute essere le sue vittime. Dopo l'invio del pacco non aveva più influsso sul volgere degli eventi.

L'imputato sosteneva di aver preparato il pacco bomba da solo in seguito a uno choc emotivo. In precedenza aveva visto un documentario sul massacro della popolazione civile in Kosovo. A suo dire "Bota Sot" - il nome della testata significa "il mondo oggi" - aveva indicato durante la guerra le vie di fuga della popolazione, ciò che aveva portato ai massacri.

Il pacco non era però stato aperto nei locali del giornale: il caporedattore era assente e quindi l'invio era stato ritirato dalla sorella. Era stato aperto solo il giorno seguente, durante una festa famigliare, dal fratello del caporedattore. Dodici persone si trovavano nelle immediate vicinanze, fra le quali diversi bambini. In un raggio di nove metri le schegge della granata avrebbero potuto avere esito mortale.

Il fatto che gli inquirenti siano riusciti a risalire al 41enne, 15 anni dopo i fatti, è dovuto al caso. Nel dicembre 2016 l'uomo era infatti rimasto coinvolto in una rissa di fronte a un locale di Zurigo: era stato prelevato un campione di DNA ed era stato notato che corrispondeva alle tracce trovate sul pacchetto.

Il 31 gennaio erano scattate le manette: l'arresto era avvenuto sul posto di lavoro. L'uomo ha sempre sostenuto di aver agito da solo e di non avere complici. La bomba a mano, stando all'atto d'accusa, sarebbe stata un regalo ricevuto in Macedonia per il servizio prestato nel 2001 nei ranghi dell'Esercito di liberazione del Kosovo (UCK): l'uomo l'avrebbe portata in Svizzera in auto attraversando la frontiera a Chiasso, per poi inizialmente esporla nel salotto di casa.

Durante la perquisizione della sua abitazione la polizia aveva trovato anche una pistola con le relative munizioni. Secondo l'imputato l'arma era venuta alla luce durante i lavori di ristrutturazione della sua casa.

Il condannato dovrà versare anche indennità di torto morale a tre persone dell'allora redazione di "Bota Sot", per un ammontare complessivo di 15'000 franchi. Sarà tenuto inoltre a pagare le spese procedurali di 25'000 franchi nonché - quando sarà finanziariamente in grado di farlo - oltre 50'000 franchi per la difesa d'ufficio.

Contro la sentenza del TPF è ancora aperta la via del ricorso al Tribunale federale.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE