Stando al testo della mozione, la maggior parte delle commesse pubbliche vengono attribuite a imprese svizzero-tedesche, mentre a quelle romande o ticinese rimarrebbero le briciole (3% del totale).
All'origine di tale situazione vi sarebbero ostacoli di tipo linguistico. Insomma, ditte francofone o italofone non avrebbero le stesse possibilità di ottenere un mandato pubblico poiché discriminate per via del loro idioma.
Durante la breve discussione in aula, si è fatto notare che l'uguaglianza delle opportunità non va considerata solo tra le lingue, ma anche nel rapporto centri-periferie.
Il Consiglio federale, che non si è opposto alla mozione, ha promesso di voler studiare i motivi delle forti differenze regionali nell'aggiudicazione degli appalti. Un rapporto dovrebbe essere pronto per ottobre e misure correttive forse per dicembre, ha indicato Widmer-Schlumpf.
A suo parere, il problema risiede anche nel numero limitato di aziende ticinesi e romande che inviano offerte. Nel 2011, la percentuale di appalti attribuiti ai cantoni latini era inferiore al loro reale peso economico. Tuttavia, la probabilità di successo era superiore a quella delle società svizzero tedesche.