Uno dei promotori del reddito di base incondizionato in Europa, Philippe Van Parijs, considera troppo alta la somma invocata dall'iniziativa popolare
BERNA - Philippe Van Parijs è un professore belga che da trent'anni lavora sul tema del reddito di base incondizionato. L'accademico sostiene che il suo obiettivo sia quello di «rafforzare la sicurezza di base».
«Io non credo in un reddito di base incondizionato (RBI) di 2.500 franchi - spiega tuttavia -. Ciò corrisponderebbe al 38% del PIL pro capite, al quale devono essere aggiunte le altre spese pubbliche», ha dichiarato in un'intervista pubblicata su "Le Matin Dimanche". La sua proposta è diversa: 986 franchi o il 15% del PIL pro capite, «più o meno».
Il testo dell'iniziativa non specifica l'importo minimo. Stabilisce semplicemente, al punto 2, «un importo che consente un'esistenza dignitosa», aggiunge Van Parijs. «È quasi la stessa espressione utilizzata dalla Conferenza svizzera delle istituzioni dell'azione sociale COSAS per spiegare la scelta di 986 franchi per per l'aiuto sociale forfettario».
Secondo Philippe Van Parijs quest'ultimo, insomma, è l'importo che dovrebbe essere deciso come base fissa dalla legislazione. E questo è un'agevolazione che l'economia svizzera può permettersi «sicuramente», aggiunge il fondatore di "Basic Income Earth Network".
Lo scopo del reddito minimo non è «fornire un amaca per tutta la vita, ma rafforzare la sicurezza di base», sostiene. Base che permetterebbe di «ampliare gli orizzonti di chi è in difficoltà», spiega il professore.
Per esempio può permettere di ridurre il tempo di lavoro per evitare il burnout o riqualificarsi, pagare stage ai giovani che i genitori non possono sostenere finanziariamente, o incoraggiare l'innovazione.
Philippe Van Parijs insiste, «Il reddito di base non serve a non lavorare, ma a liberare l'uomo e non renderlo schiavo»