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BERNAEbola: Maurer teme per la sicurezza più che per il contagio

19.10.14 - 15:55
Per il ministro della difesa: "Tutto dipenderà dalla ricognizione preliminare"
Ebola: Maurer teme per la sicurezza più che per il contagio
Per il ministro della difesa: "Tutto dipenderà dalla ricognizione preliminare"

BERNA - La sicurezza - e non tanto un possibile contagio - è il principale timore di Ueli Maurer in vista dell'annunciata missione militare elvetica nell'Africa occidentale colpita dal virus Ebola. Il ministro della difesa lo afferma in una intervista pubblicata oggi dai domenicali "Zentralschweiz am Sonntag" e "Ostschweiz am Sonntag", non escludendo peraltro che non se ne faccia nulla. Tutto dipenderà dalla ricognizione preliminare.

In Liberia - dove la Svizzera intende concentrare gli sforzi secondo l'annuncio fatto mercoledì scorso a Berna - "regnano condizioni paragonabili a quelle di una guerra civile con bambini soldato e simili. Che cosa succede se improvvisamente sbucano dei bianchi e atterrano da qualche parte con un elicottero?", si chiede Maurer nell'intervista. "Più semplice" da affrontare è a suo avviso la questione di un possibile contagio: "Si tratta di consegnare materiale come tende o generatori (...), è meno pericoloso".

Come garantire la sicurezza dei militari e civili volontari svizzeri? "O sul posto siamo in un campo con altri o dobbiamo portarci un nostro distaccamento per la sicurezza. È questo il principale motivo della ricognizione" preliminare, risponde il ministro della difesa.

Possibile invio di 90 persone - Mercoledì scorso il portavoce del Consiglio federale André Simonazzi aveva annunciato il possibile invio di un distaccamento di 90 persone tra militari e civili, tutti volontari, e fino a due-tre elicotteri, in appoggio alle autorità locali e alla missione internazionale sotto l'egida delle Nazioni Unite, che hanno chiesto l'aiuto elvetico. Prima di una decisione definitiva del governo sarà eseguita una missione di ricognizione per determinare se l'impresa sia fattibile da un punto di vista logistico.

Maurer pensa "alla distribuzione di personale medico, attrezzature e medicinali per via aerea". A suo avviso, la richiesta dell'Onu non è stata "un caso": "Lo facciamo in Kosovo e abbiamo internazionalmente la fama di disporre di eccellenti piloti e di personale affidabile e multilingue. Abbiamo dimostrato che sappiamo farlo".

Si faranno vivi abbastanza volontari? Maurer crede di sì e per quanto riguarda l'esercito calcola che occorrano in loco 60-70 persone. "Il problema - aggiunge tuttavia - è che di fatto ne saranno necessari quattro volte tanto. Infatti nei tre mesi in cui l'impegno dovrebbe, almeno in un primo tempo, durare dobbiamo avvicendare alcune volte il personale".

Domanda dell'intervistatore: ci vorranno dunque in tutto oltre 300 volontari tra cui oltre 200 soldati? "Forse non così tanti, se alcuni partecipano più volte", risponde Maurer. Tutto dipenderà dall'esito della ricognizione, aggiunge: "Forse saranno 50 persone, forse anche nessuna. Semplicemente non lo sappiamo ancora".

Occorrono partner su cui contare - Un'altra questione da affrontare sarà quella di trovare un partner sulla cui infrastruttura poter contare. Per far funzionare una base di elicotteri ci vogliono infatti da 300 a 400 persone. Per il ministro della difesa entrano in considerazione "solo pochi paesi, principalmente occidentali" e "i più forti sono qui (in Liberia ndr) gli americani".

Secondo il portavoce Simonazzi, la missione di ricognizione potrebbe avvenire abbastanza velocemente - entro fine ottobre, stando a una nota del del Dipartimento federale della difesa (DDPS) -, e il governo potrebbe anche decidere di inviare un contingente di soldati ed esperti già per metà novembre, se le condizioni sono date, prima dell'approvazione del parlamento attesa per il dicembre prossimo, così come prevede la Legge sull'esercito.

Simonazzi ha precisato mercoledì che gli elicotteri svizzeri non serviranno per il trasporto di malati, bensì di materiale, di personale sanitario o umanitario. La Svizzera dovrebbe concentrare i propri sforzi in Liberia in collaborazione con la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC). Quest'ultima si occuperà anche di formare il personale elvetico all'impiego sul terreno.

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