Cerca e trova immobili

BB/BN BEST EVERIvan Gazzaroli: «Avevamo un autista un po' pazzo: che rischio sul San Bernardino»

19.07.17 - 07:00
Il difensore dell'Ambrì ha raccontato un aneddoto del 1998: «Volevamo tornare a casa in fretta e lui prese alla lettera la nostra richiesta, rischiando un pericoloso frontale sulle strade innevate»
Ivan Gazzaroli: «Avevamo un autista un po' pazzo: che rischio sul San Bernardino»
Il difensore dell'Ambrì ha raccontato un aneddoto del 1998: «Volevamo tornare a casa in fretta e lui prese alla lettera la nostra richiesta, rischiando un pericoloso frontale sulle strade innevate»
SPORT: Risultati e classifiche

AMBRÌ - Anche l'Ambrì della stagione 1997/1998 era costruito per vincere, ma dopo un percorso di tutto rispetto dovette malamente alzare bandiera bianca e salutare prematuramente i playoff. Alla transenna, in qualità di head-coach, c'era Larry Huras il quale aveva potuto lavorare con la squadra per la prima volta dall'inizio del campionato, dopo aver sostituito a stagione in corso l'anno prima Alexander Yakushev.

Il tecnico canadese mise in pratica un sistema di gioco affidabile che permise ai biancoblù di esprimere un gioco ancora più frizzante e di accarezzare la finale. Nel reparto arretrato giunsero in Leventina dei giocatori di peso, mentre in attacco venne sacrificato Kvartalnov, ma il gruppo poté comunque contare sui servigi di Petrov (115 punti in 54 partite) e Chibirev (99 in 53). «Gli stranieri erano fortissimi ed erano in grado di trascinare i compagni», ha raccontato lo storico difensore biancoblù, Ivan Gazzaroli. «La squadra in generale aveva qualità e faceva della grinta una delle sue armi migliori. Ogni giocatore aveva un ruolo chiaro e ben definito: tutti erano importanti, si sentivano valorizzati ed erano capaci di dare il 200% per il gruppo».

Nonostante questi "numeri" e le prodezze dei suoi campioni sul ghiaccio, i leventinesi arrivarono quarti in regular season e, dopo aver sconfitto i detentori del titolo del Berna, si arresero in semifinale contro i futuri campioni dello Zugo. In questa circostanza la formazione biancoblù espugnò 7-1 la pista dei Tori in gara-5, ma non fu capace di chiudere i conti alla Valascia, spianando di fatto la strada agli avversari. «Il campionato, come sempre, venne deciso da alcuni episodi. Avevamo battuto gli Orsi e quella fu una serie durissima: inconsciamente eravamo forse appagati e fisicamente ne risentimmo parecchio. Potevamo vantare quattro buone linee, un affiatamento incredibile dentro e fuori dal ghiaccio e questo era un punto di forza di quel periodo. Gli allenamenti si basavano parecchio sul lavoro difensivo, eravamo ben organizzati, ognuno aveva in testa il suo compito e in pista sapeva esattamente dove si trovavano i compagni. Sia tatticamente che fisicamente eravamo preparati e fu un vero peccato perché avevamo le qualità per arrivare fino in fondo, ma purtroppo andò diversamente».

Il roster biancoblù era composto da molti ticinesi in squadra: i fratelli Jaks, Nicola Celio, Baldi, Cantoni, Gianini, Tognini, Imperatori, qualche giovane e appunto Gazzaroli: «Erano anni in cui anche il settore giovanile dell'Ambrì si rendeva protagonista di grandi prestazioni e i risultati della prima squadra erano un po' una logica conseguenza di quello che produceva il vivaio. Quando una filiera funziona penso che lo sbocco in Prima squadra diventi poi naturale».

...e Petrov e Rohlin? «Oleg è stato sicuramente uno dei giocatori più forti e completi con il quale io abbia giocato e insieme a lui anche il ruolo del difensore diventava più facile: bastava lanciare il disco in avanti e con la sua incredibile velocità riusciva a tradurre in azioni pericolose ogni tipo di passaggio. Ovviamente c'erano molti giocatori importanti in squadra, ma il modo di giocare di Petrov era spettacolare. Poi c'era Rohlin che era sicuramente meno appariscente, ma molto solido e intelligente e anche lui era in grado di portare quelle qualità che altri stranieri non garantivano. Una squadra, per funzionare, deve essere composta da giocatori con capacità diverse - lavoratori e stelle - poi bisogna essere ovviamente in grado di amalgamarle. Un gruppo di soli campioni difficilmente si toglierà le proprie soddisfazioni, così come uno di soli lavoratori, ma una squadra con il giusto amalgama ha sicuramente più possibilità».

Un aneddoto particolare di quella stagione? «Avevamo un autista un po' pazzo (ride, ndr): dopo ogni partita di playoff che giocavamo in trasferta, il nostro obiettivo principale era quello di cenare per poi tornare a casa il più velocemente possibile e lui prendeva decisamente alla lettera questa richiesta. Una volta, con le strade totalmente innevate, stavamo scendendo con il pullman dal San Bernardino e decise di sorpassare una vettura in curva con un'altra che stava sopraggiungendo in senso inverso, rischiando un pericoloso frontale. Mi ricordo che Huras si spaventò e scattò verso di lui dicendogli: "Va bene arrivare a casa in fretta, ma il campionato non è ancora finito e la prossima partita vogliamo essere tutti interi. Datti una calmata". Ce ne sarebbero molti altri, alcuni divertenti e altri meno... ed è meglio che li tenga per me».

Qual è stato secondo te l'Ambrì più forte: quello del 1997/98 o quello del 1991/92? Rispondi votando nel sondaggio

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
COMMENTI
 
NOTIZIE PIÙ LETTE