Cerca e trova immobili

AUTOMOBILISMOMatteo Cairoli: quando il talento supera l’esperienza

17.12.15 - 10:49
Ecco l'incredibile storia del talentino di casa Porsche, un predestinato capace di completare in pochi mesi un percorso che ad altri riesce (forse) solo in un'intera carriera
Matteo Cairoli: quando il talento supera l’esperienza
Ecco l'incredibile storia del talentino di casa Porsche, un predestinato capace di completare in pochi mesi un percorso che ad altri riesce (forse) solo in un'intera carriera
SPORT: Risultati e classifiche

STOCCARDA (Germania) - Niente Kart: solo un anno di Formula. Ancora 17enne guida per la prima volta una 911 GT3 da corsa. E in meno di un anno diventa pilota ufficiale Porsche. Ecco l'incredibile storia di Matteo Cairoli.

Quando ripercorri la storia di un pilota, anche di quelli giovani, solitamente ci impieghi una vita perché in effetti tutto ha origine pochi anni dopo la loro nascita. Iniziano a girare il volante di un kart prima ancora di andare a scuola con i vari papà che di anno in anno si affannano alla ricerca di un contratto per il loro “campioncino” precoce. Quella di Matteo Cairoli invece è una storia molto più breve, che si racconta nel giro di un paio di frasi. Sicuramente più genuina di tante altre; in un certo senso quasi unica. E proprio per questo anche un po’ speciale. E altamente sorprendente.

Tutto ha avuto inizio quando a 16 anni ha partecipato alle ultime due gare del campionato Formula Renault 2000 Italia: alla seconda gara era già salito sul podio. Questo, lo ricordiamo, senza alcuna esperienza competitiva con i kart. L’anno successivo ha partecipato al campionato tedesco di Formula 3 in cui si è fatto le ossa a fianco di gente che oggi corre in GP2. Avrebbe poi, nel 2014, voluto continuare a correre con le ruote scoperte dato che v’era la possibilità concreta di lottare per il podio del campionato Renault Alps. Poi, però, è arrivata la sua prima volta (a 17 anni) con le ruote coperte.

“Ero andato al Paul Ricard per provare una Ferrari 458 GT3. Un test positivo al termine del quale, ironia della sorte, è poi venuta Porsche a cercarmi. E da li è iniziato tutto il cammino…”.

Un cammino che ha dell’incredibile. Perché a risentirlo non sembra nemmeno immaginabile che nel giro di sette mesi il 19enne comasco sia passato del poggiare per la prima volta il fondoschiena sul sedile da corsa di una Porsche GT3 appartenente ad una scuderia privata ad indossare la tuta ufficiale di Porsche Motorsport. Mi ricordo in particolare una pubblicità grande un’intera pagina di giornale in cui, a calce della foto che lo incorniciava vincitore del Porsche Carrera Cup Italia, appariva il seguente slogan: “Ha 18 anni ed è già laureato”.

“Quella del Porsche Carrera Cup Italia è stata un’ottima scuola nel vero senso della parola, perché oltre a gareggiare abbiamo pure seguito dei corsi sulle pubbliche relazioni e i rapporti con i media, sulla preparazione fisica e tutto ciò che ruota attorno a una gara automobilistica. I risultati sono stati buoni e ho vinto il campionato (sarebbe più giusto dire dominato, n.d.r.). dopodiché sono stato scelto quale rappresentate dell’Italia per partecipare assieme a altri giovani piloti di tutto il mondo ad una selezione il cui vincitore avrebbe poi potuto partecipare al Porsche Supercup. Ero terrorizzato quando vi avevo partecipato perché ero il più giovane, quello con meno esperienza e non sapevo parlare l’inglese. Però è andata bene…”.

Pur essendo assolutamente spontaneo e senza filtri, mentre ripercorre assieme a te le tappe del suo percorso devi quasi tirargli fuori di bocca vocaboli quali “vinto” o aggettivi qualificativi che in un qualche modo decorino le sue esperienze. Come se i risultati - pur sudati e non certo piovuti dal cielo - fossero stati raggiunti nella più totale naturalezza, come se il susseguirsi di questi eventi e dei successi non siano che i punti di passaggio di un percorso destinato ad andare ancora avanti per molto tempo ancora. In tutto questo si cela da un lato un’autentica modestia, dall’altra una grandissima maturità per un ragazzo che è da poco maggiorenne.

“La stagione successiva con la partecipazione al Porsche Supercup a margine di alcune gare di Formula 1 e in parallelo al Porsche Carrera Cup Deutschland è stata sicuramente quella in cui ho avvertito la maggiore crescita. Due campionati impegnativi, che escono da confini nazionali e ti portano anche oltre oceano, trascorrendo a casa solo quattro fine settimana dall’inizio alla fine dei campionati. Viaggi, impegni e sfide che ti fanno cresce più in fretta. Una grande scuola di vita. Anche perché quest’anno i risultati pur non essendo stati malvagi non sono nemmeno stati ottimi. Non voglio escludermi da tutti gli errori, ma abbiamo oggettivamente avuto anche parecchia sfortuna. E con questi aspetti devi imparare a conviverci”.

Ma oltre alla modestia e alla maturità in questo c’è anche tantissima naturalezza, un’immensa spontaneità. Perché quanto ti racconta o ti spiega qualcosa lo fa senza filtri, coinvolgendoti nella sua storia e rendendoti partecipe del sogno che sta vivendo. Perché quando gli parli di Porsche, di Nordschleife e di WEC gli si illuminano gli occhi. Inizia a parlarti di quanto in famiglia siano da sempre siano stati appassionati del marchio, del suo primo giro all’inferno verde, di quanto si sia allenato ai videogiochi e del futuro, che lo vede per un altro anno impegnato quale pilota ufficiale Porsche Junior e forse chissà che nel 2017 non possa partecipare al WEC sempre con la sua amata 911. E, non senza sensibilità, quando si trova in sintonia ti parla anche di quanto siano importanti le relazioni umane.

“C’è sempre mio zio che mi segue ad ogni gara, che guida durante la trasferta quando sono stanco, che festeggia quando si vince e che riesce a calmarmi quando sono arrabbiato perché qualcosa è andato male. Poi ci sono i genitori, il cui sostegno è fondamentale. Anzi è la famiglia tutta ad essere importante, come pure i rapporti che intrattieni con gli altri piloti che poi, alla fine, possono anche diventare amici veri”.

Ad accompagnarlo in questa linea del tempo ci sono molte sue foto, tutte (o quasi) con il sorriso e da cui traspare l’entusiasmo tipico di un ragazzo della sua età. Una dopo l’altra scorrono le prime fotografie del 2014 quando ancora minorenne ha corso la prima volta con una Porsche e in men che non si dica ti ritrovi al titolo di vincitore del campionato “Rookie” in seno al Porsche Supercup. Una carriera di pochi anni che molti sognano di fare in una vita. A quel punto non puoi fare a meno di pensare che Matteo Cairoli sia la dimostrazione che il talento può superare di gran lunga l’esperienza. E che la spontaneità nel fare le cose seriamente senza prendersi troppo sul serio sia forse la migliore filosofia di lavoro e di vita. È l’insieme di queste cose che rende il suo cammino, e di riflesso anche lui, così speciale e diverso dagli altri.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
COMMENTI
 
NOTIZIE PIÙ LETTE