Patrick Fischer, da tanti indicato come colui che ha spinto per l’introduzione delle nuove regole in LNA, ha fatto il punto della situazione sulla stagione 2016/17 e sulle direttive arbitrali
ZURIGO – Reduce dalle buone prestazioni della sua Nazionale nel torneo di Bienne e dalla permanenza a Montréal, dove ha assistito al Mondiale U20, Patrick Fischer – head coach della Svizzera – è pronto per tornare al lavoro, visionando le diverse squadre di LNA con l’intento di analizzare il rendimento dei suoi giocatori e di tutti quelli papabili di convocazione.
In una Zurigo imbiancata dalle nevicate degli ultimi giorni, l’ex allenatore del Lugano ha fatto il punto del suo presente e del suo futuro a breve e a lungo termine: «Sono tornato sabato dal Canada, in questi giorni farò visita alle diverse squadre del nostro campionato: martedì ero ad Ambrì, oggi (ieri per chi legge, ndr) sono a Zurigo. Come Nazionale ci prepariamo per la Slovakia Cup, dove ci presenteremo con diversi giovani, poi volerò in Nord America per parlare con gli NHLers in vista del Mondiale. È importante capire, nel caso di non partecipazione ai playoff, se hanno gli stimoli giusti per venire in Francia».
A proposito di giovani… in Canada hai visto cose interessanti?
«Sono rimasto ben impressionato da diversi giocatori, anche svizzeri. Fare il nome di Nico Hischier è troppo facile, lui è davvero un fuoriclasse e ha il futuro assicurato, ma tutta la nazionale si è ben comportata: alla fine abbiamo lottato alla grande con gli USA e siamo arrivati a un passo dall’impresa. Inoltre ci sono da sottolineare le qualità di Van Pottelberghe: a Davos si sono dati del tempo, hanno cercato di investire sui giovani e sono sicuro che i risultati li premieranno».
In effetti il ruolo del portiere non è assolutamente marginale…
«È alla base del nostro sport, così come la difesa. In Svizzera abbiamo avuto sempre ottimi portieri e Senn e Van Pottelberghe, per restare a Davos, hanno tutte le carte per portare avanti questa tradizione. Portieri e difesa, ma nell’ultimo anno con la Svizzera stiamo cercando anche di puntare sulla fase offensiva e credo ci stiamo riuscendo…».
A Bienne avete fatto bene è vero, ma la Deutschland Cup e lo scorso Mondiale non vi hanno certamente sorriso…
«Dal punto di vista offensivo a Mosca abbiamo costruito e segnato molto, ma in quel caso il boxplay ci ha tagliato le gambe. Le cose però stanno cambiando, sono fiducioso in vista dell’appuntamento iridato di quest’anno: dobbiamo migliorare a sfruttare le nostre occasioni, a difendere il disco e a uscire con sicurezza e rapidità dalla nostra zona. Col nuovo staff tecnico stiamo compiendo un buon lavoro, siamo affrontando un processo di crescita, ma con questo non voglio dire che con Felix e Reto non mi trovavo bene, anzi…».
Gioco difensivo solido e buona propensione offensiva: c’è una squadra di LNA che incarna questa tua idea di hockey?
«Si, rivedo questi schemi nel Losanna che rappresenta la sorpresa di questo campionato. Col nuovo head coach hanno cambiato modo di giocare e i risultati sono dalla loro parte. Possono essere molto pericolosi anche in ottica playoff, anche se poi nella post season, spesso, cambia tutto. Guardate il Berna lo scorso anno…».
A proposito di Berna e di campionato… come giudichi la stagione 2016/17 fin qui?
«È un campionato spaccato in due: le prime tre sono di un altro livello, giocano tranquille e mostrano un hockey davvero efficiente. Bisogna far loro i complimenti. È anche vero che, fatta eccezione per l’anno scorso, Zurigo, Berna e Zugo negli ultimi campionati hanno sempre occupato i primi posti in classifica: è un sintomo del grande lavoro fatto anche con i giovani e con le Academy».
Sotto quelle tre, e al Losanna, la graduatoria è strettissima. Ci troviamo di fronte a un campionato livellato… verso il basso?
«Non so dire se la qualità delle altre formazioni sia peggiorata, è anche vero che alcuni infortuni e alcune scelte societarie hanno forse limitato alcune squadre: prendete il Davos, perdendo Genoni, sapeva già di poter rischiare, ma affidandosi a due giovani portiere di talento – come detto prima – i grigionesi hanno il futuro assicurato».
Cosa pensi del Lugano e di tutte le difficoltà che sta incontrando?
«I bianconeri, così come le altre big immischiate nella lotta per conquistare un posto nelle prime otto, rappresenta una sorpresa in negativo, non mi aspettavo potessero patire in questo modo. Sicuramente puntavano alla Top4, ma qualcosa non ha funzionato. Il Lugano ha però due ottimi special teams e questo può rappresentare un fattore importante».
Gli special teams, nell’ultimo mese, sono diventati ancora più fondamentali con l’introduzione della “Tolleranza Zero”. In tanti hanno storto il naso, dicendo che cosi l’hockey viene snaturato e hanno addebitato a te tale scelta della Federazione…
«Per quanto riguarda le critiche nei miei confronti, ormai ci sono abituato (ride, ndr)… Premettendo che sono stati gli stessi club a votarla e ad adottarla, in seguito alla proposta avanzata da Kaufmann, è innegabile che in Champions Hockey League e con la Nazionale paghiamo dazio perché in campo internazionale si arbitra così. Quante penalità prendiamo a causa di agganci o colpi di bastone?».
Sei convinto che sia la strada giusta? Credi che anche in NHL si usi il medesimo metro di giudizio?
«Sì, dobbiamo adattarci a queste regole: se vedete, dopo qualche partita in cui tutte le squadre sono incappate in diverse penalità, ora ci si è dati una regolata. Non credo che venga snaturato il gioco, è solo questione di tempo e inoltre così facendo si favoriscono i giocatori bravi, quelli di valore che possono giocare il disco senza trovarsi bastoni sulle mani o tra le gambe. La “Tolleranza zero” la ritengo un favore, un bene per gli stessi club».