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L'OSPITE«Lasciamo perdere Lugano&Lugano. Gabigol? Vale quanto Ronaldo... di adesso»

07.12.16 - 09:00
Cosa è successo al brasiliano, arrivato in estate per 25'000'000 e finora in campo per 16'? Arno Rossini ha bacchettato le scelte - e la gestione - dell'Inter: «Lì i giocatori fanno ciò che vogliono»
«Lasciamo perdere Lugano&Lugano. Gabigol? Vale quanto Ronaldo... di adesso»
Cosa è successo al brasiliano, arrivato in estate per 25'000'000 e finora in campo per 16'? Arno Rossini ha bacchettato le scelte - e la gestione - dell'Inter: «Lì i giocatori fanno ciò che vogliono»
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LUGANO - Fare l'allenatore a Lugano - che si tratti di calcio o di hockey non fa differenza - è davvero pericoloso. Andrea Manzo e Doug Shedden, proprietari delle panchine rispettivamente di FCL e HCL, stanno infatti vivendo giorni assai intensi. Vistisi sbattere sul muso i modesti risultati raccolti dalle loro squadre, stanno vivendo alla giornata, consci del fatto che il loro futuro può dipendere da una vittoria o da una sconfitta. Come si vive l'attesa? Come si resiste alla tensione? Come si risolvono i problemi? Per parlare di mister Arno Rossini è la persona più indicata ma....

«...Ma per questa volta è meglio lasciar perdere i due bianconeri - ha sottolineato proprio Arno - È giusto permettere loro di lavorare in tranquillità. Per valutare il loro operato ci sarà tempo»

E allora abbiamo spostato la nostra attenzione su un altro "caso" di questi giorni. A Milano c'è un certo Gabriel Barbosa Almeida - che tutti conoscono come Gabigol - che ha perso la pazienza. Il giovane brasiliano all'Inter non vede mai il campo. Arrivato in estate per 25'000'000 di euro, pensava di poter giocare, giocare e poi, visto che è un attaccante, anche segnare. Invece sta facendo solo da spettatore. Una volta va in panchina, una va in tribuna: fino a questo punto tra Serie A ed Europa League ha messo insieme la miseria di una presenza e 16'. Una rete in nerazzurro a dire il vero l'ha fatta: il 6 ottobre ha segnato, su rigore, in amichevole contro il Lugano.

«Che grande delusione Gabigol - ha continuato Arno Rossini - ero davvero curioso di vederlo, volevo capire se le tante belle parole dette nei suoi confronti erano ben spese...».

Eppure in tanti si erano schierati dalla sua parte. Prima che l'Inter lo acquistasse anche Ronaldo, quello brasiliano, lo aveva battezzato come suo possibile erede. Come grandissimo colpo.
«Fosse stato un fenomeno avrebbe giocato. Non ci sono dubbi. Se, invece, prima de Boer e ora Pioli non lo utilizzano, vuol dire che così forte non è. Gli allenatori non sono tutti matti. Non possono esserlo. Forse Ronaldo si è sbagliato. Forse Gabigol vale il Ronaldo di... adesso».

Quindi, semplicemente, non gioca perché non è buono?
«Esatto. Alternative ce ne sono poche. Forse ha una condizione fisica imperfetta. Ma dopo tre mesi di stagione, a quell'età, non puoi essere ancora "indietro"».

Forse a 20 anni ha ancora bisogno di tempo per maturare.
«Se hai davvero qualità, giochi senza problemi. L'unico alibi che mi viene in mente è che, da brasiliano, il ragazzo era magari abituato a un altro tipo di calcio e di ambiente. E per questo sta faticando più del dovuto».

Come accaduto qualche stagione fa a Coutinho. Il trequartista verdeoro non brillò a Milano tra il 2010 e il 2013 (ci fu anche un prestito) e fu ceduto al Liverpool, dove è esploso.
«La mia idea è che stiamo parlando di un buon giocatore, sicuramente interessante e con ampi margini di crescita. Un campione però è un'altra cosa».

E i 25'000'000 per lui spesi, come li si giustifica?
«Lì l'agente ha fatto un grande colpo».

Ma una trattativa prevede più "parti". Il club nerazzurro si è fatto abbindolare?
«A quanto pare ha strapagato il ragazzo. Però il tutto non può essere riassunto come affare sbagliato. A Milano devono riuscire a capire cosa succede alla Pinetina, quale problema ci sia».

Un rito voodoo?
«Non è possibile che ingaggi Gabigol e non rende. Ingaggi Joao Mario e dopo qualche partita buona sparisce. Ingaggi Kondogbia e... lasciamo perdere. O sbagliano clamorosamente lo scouting o c'è altro».

Non è un problema tecnico.
«È un problema di società. La proprietà è lontanissima e la dirigenza non ha abbastanza polso. Così i giocatori fanno un po' quel che vogliono. E questi sono i risultati».

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