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L’OSPITE“In Italia si sono dimenticati cosa sia l’intensità. Salah al Chelsea non vedeva il campo…”

04.03.15 - 08:31
Il calo di competitività del pallone della vicina Penisola? Per Arno Rossini non è solo un problema di soldi...
“In Italia si sono dimenticati cosa sia l’intensità. Salah al Chelsea non vedeva il campo…”
Il calo di competitività del pallone della vicina Penisola? Per Arno Rossini non è solo un problema di soldi...
CALCIO: Risultati e classifiche

FIRENZE - Ottime in Patria e modeste in Europa. Le squadre italiane hanno cancellato con un colpo di spugna questa consuetudine, firmando - almeno fino a questo punto - una campagna continentale praticamente perfetta.

In Champions League la Juventus ha fatto il suo, vincendo l’andata degli ottavi di finale contro il Borussia Dortmund. In Europa League è andata anche meglio alle rappresentanti italiane: in cinque hanno affrontato lo scoglio dei sedicesimi di finale e in cinque hanno passato il turno.

Il grande colpo l’ha probabilmente fatto la Fiorentina di Montella, avanti a spese del ricco Tottenham, anche le altre, Torino, Roma, Napoli e Inter hanno in ogni caso strappato applausi e consensi.

La crisi del pallone della vicina Penisola non è dunque tanto profonda come la si dipinge?

“C’è stata una netta inversione di tendenza - ha sottolineato Arno Rossini - questo va ammesso - ma non è tutto ora quel che luccica”.

I “vicini” non devono essere soddisfatti?
“Questo sì, assolutamente. I club “azzurri” hanno fatto benissimo. Le società non sono in ogni caso lo specchio del movimento. Quanti giocatori italiani ci sono tra i titolari delle cinque squadre qualificatesi in Europa League? Non penso si arrivi a quindici”.

Totti, De Rossi, Florenzi, De Sanctis…
“Non tutti giocano sempre. Qualcosa in più può schierare il Torino mentre tra Inter, Fiorentina e Napoli…”.

Ma non fa differenza alla fine. Importante è che si vinca, o no?
“Non proprio. Non per le prospettive di “quel” calcio almeno. A parer mio tali risultati sono dati dalla voglia dei giocatori stranieri che giocano in quelle società. Per loro, per i sudamericani o quelli provenienti dall'est Europa o tutti gli altri, le competizioni internazionali sono una grandissima vetrina. E si impegnano. E danno il massimo. E si mettono in mostra”.

E i club ne traggono giovamento.
“Sì, nell’immediato almeno - ha aggiunto Arno - ma chi si mette in mostra lo fa, poi, per andare via, in qualche altro campionato. Più ricco e prestigioso”.

L’unica squadra della Penisola che è molto italiana è la Juve. Che in Champions non riesce mai a stupire. Nel match contro il Borussia i bianconeri parevano camminare davanti ad avversari che invece filavano come treni.
“Troppa tattica e molto poca intensità negli allenamenti. Lì si sono dimenticati cosa sia l’intensità. È questo il vero problema. In passato in Italia potevano contare su grandi campioni e quindi, quando affrontavano avversarie di altri paesi, vincevano anche senza tenere il piede pigiato sull’acceleratore. Aumentata la competitività degli altri campionati, le squadre italiane hanno visto i loro fenomeni emigrare. Senza qualità e senza intensità hanno così cominciato a faticare”.

La tattica però è sempre di prim’ordine…
“Ma quella da sola non basta per primeggiare. I “vicini” devono assolutamente fare retromarcia e ricominciare a puntare anche sull’intensità. Solo così possono rimanere a galla. Altrimenti il livello del loro pallone continuerà a calare”.

Ora com’è?
“Vi rispondo con un esempio. Guardate Salah. Al Chelsea non vedeva il campo. In Serie A segna a raffica. La differenza tra i due “palcoscenici” è grandissima. Non vi basta? Potrei citarvi anche Shaqiri…”.

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