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CALCIOGattuso "il malato" tira le orecchie al Sion

08.11.12 - 15:14
"Prendo cortisone e medicinali ma potrei correre fino domattina", ha ammesso l'italiano, che poi ha aggiunto: "Il cambio di allenatori è una sconfitta per tutti. Svizzera-Italia? 10-0 per la qualità di vita"
Keystone
Gattuso "il malato" tira le orecchie al Sion
"Prendo cortisone e medicinali ma potrei correre fino domattina", ha ammesso l'italiano, che poi ha aggiunto: "Il cambio di allenatori è una sconfitta per tutti. Svizzera-Italia? 10-0 per la qualità di vita"
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SION – Ha sorpreso un po’ tutti la conferenza stampa convocata da Gattuso a Sion. L’ex giocatore del Milan, ora capitano dei vallesani, ha dato appuntamento ai media nel pomeriggio di giovedì, senza però spiegare il motivo della sua chiacchierata. Si è cominciato a pensare al peggio, a un possibile addio alla squadra o al calcio e invece Gennaro ha solo voluto fare il punto sulla situazione del club. E sulla sua vita in Svizzera.

“Non sono contento di aver cambiato tre allenatori – ha cominciato l’italiano - quando si cambia tanto è una sconfitta. Per la squadra, per la società e per i tifosi. I giocatori si devono assumere delle responsabilità, non cercare alibi. Il presidente giudica gli allenatori per i risultati ma questa non può essere una scusante per chi gioca. Però ora è inutile guardarsi alle spalle: penso che la squadra sia competitiva ma che debba fare qualcosa in più. È comunque chiaro che, se non andremo in Europa, avremo fallito”.

Il Sion sta facendo comunque un buon campionato…
“La nostra è una compagine costruita per lottare per i primi tre posti della classifica. È una squadra alla quale magari manca qualcosa, ma comunque competitiva. Spero che a gennaio arrivino rinforzi”.

Come è il calcio rossocrociato?
“Sono un malato di calcio. Conosco quasi tutti i tornei e quindi sapevo che il pallone, da queste parti, non sarebbe stato semplice. In Svizzera ho trovato un campionato veloce, dove si corre parecchio e dove giocano molti giovani. Un banco di prova difficile per il quale ci si deve preparare molto. L’unico appunto lo posso fare ai tifosi: spesso c’è poca gente a vedere le partite. Magari ci fosse sempre lo stadio – e qui sono tutti belli - pieno".

Qual è il tuo stato di forma ora?
"Lavorare quotidianamente con la squadra mi permette di mantenere una condizione fisica molto buona".

Eppure non giochi mai tantissimo: hai già “subito” dieci sostituzioni.
“Il calciatore svizzero è un atleta disposto a fare grandissimi sacrifici. E che sta bene. Non mi meraviglio che mi abbiano cambiato tanto. Ma sapete, io ho una malattia, si chiama Miastenia oculare gravis, che mi costringe a prendere cortisone e medicinali. Sfiderei qualsiasi altra persona al mondo a prendere quei farmaci e giocare ai miei livelli".

Nelle settimane si è spesso parlato di un tuo ritorno al Milan.
“A giugno ho preso un impegno con Degennaro e Constantin e con i vallesani. E io gli impegni li mantengo. Non abbandonerò di certo la barca. Vedo il presidente che vive la società 24 ore su 24 e mi sento responsabilizzato. Spero di poter aprire un ciclo qui in Vallese”.

Parli sempre della responsabilità. Parli anche della struttura tecnica o solo del calcio giocato.
“Per me oggi il Sion ha bisogno di strutture e non di giocatori. Quando un club ha 20 milioni di franchi di budget non si può considerare piccolo e deve avere una programmazione. Ecco, io vorrei poter dare una mano, provare a fare qualcosa di importante".

A un certo punto si pensava che potesse arrivare anche Del Piero.
"È l’unico giocatore italiano col quale ho parlato. Gli dissi che il Sion ha voglia di crescere, che il presidente è un vincente e spera di poter costruire una squadra competitiva. Però ho anche aggiunto che, se fosse venuto, avrebbe dovuto azzerare tutto. Qui c’è il calcio vero, il calore della gente, la domenica e in settimana. C’è qualcosa che gli sarebbe potuto piacere. Alla Juve, al Milan si respira un’altra aria. È un’altra storia".

Sion è anche vita di tutti i giorni…
"Ho sentito dire che avrei nostalgia di casa: non è vero. Vedere i miei figli contenti e sorridenti è per me il massimo. E poi qui è fantastico: in quanto a qualità di vita la Svizzera batte l’Italia 10-0. È tutto perfetto. E non parlatemi della strada, delle macchine. Io ho quasi paura della polizia, temo sempre che una macchina sbuchi da dietro l’angolo e mi fermi. All’inizio, quando facevo i sorpassi, pensavo mi salutassero e invece mi insultavano”.

In biancorosso c’è il problema degli allenatori.
"Con i mister mi sono trovato sempre bene. Con Fournier, in particolare, ho avuto un grandissimo rapporto. Sia a livello umano che a livello tecnico tattico. Si è lavorato insieme per due mesi per il bene del Sion. La cosa che mi ha fatto più male, quando è stato esonerato, è aver letto sul Blick che il giorno della cacciata io ero con il presidente a scegliere il nuovo allenatore. Non è vero".

Un giorno sulla panchina del Sion potresti provare tu.
"Non sono venuto qui per fare l’allenatore. Anche perché farlo a Sion, con Constantin che ha cambiato un sacco di mister, sarebbe pericoloso, strano. Certo è che il fatto di trovare una società e un presidente che ci credono è stimolante. Se dovessi decidere, un giorno, di fare il tecnico in biancorosso… vorrei però un progetto. Altrimenti, dopo cinque giornate, potrebbero finire col cacciarmi. Però fare l’allenatore è un mio obiettivo. Spero di poterlo fare in maniera positiva".

Nel mondo del calcio vige l’arroganza…
"Per me non è difficile rimanere umili. Io non dimentico le mie radici e le mie origini. Giocando a calcio sono diventato ricco e famoso, questo è vero, ma ciò non mi ha cambiato. Io non sono un calciatore per i soldi ma per le sensazioni: il campo, gli spogliatoi, l’olio del massaggio, l’adrenalina nel momento di cominciare a giocare".

In campo, visto il tuo nome, i rivali dovrebbero rispettarti.
“Non penso. Io non ho rispetto per gli avversari. Gioco il mio calcio e voglio vincere. Certo, con educazione, senza far del male a nessuno. Per me le partite sono una guerra, anche se guerra è una parola brutta. Io pretendo molto dai miei compagni, provo a coinvolgerli con lo spirito".

Al Milan, prima hai incrociato qualche svizzero. Vogel, Senderos…
"Bravi ragazzi, con la cultura del lavoro. Philippe, in particolare, non è rossocrociato, è napoletano. Faceva sempre scherzi, era divertente, simpatico. Poi però ha rotto le scatole (lui ha usato un termine un po’ più colorito, ndr)”.

Insomma un “one man show” il quale, con il proprio entusiasmo, non potrà non far decollare il Sion. La chicca della giornata? Ai giornalisti che, a fine conferenza stampa, gli chiedevano nuovamente il nome della sua malattia ha replicato “Miastenia oculare gravis… è inutile che scrivi, non ci riesci, è tutto il giorno che ci stai provando”…

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