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ALTRI SPORTCinque ori paraolimpici: un solo problema, non era disabile

24.04.12 - 18:51
Incredibile la storia dell'atleta tedesca Hopf che dopo aver conquistato gli allori paralimpici per non vedenti, prese la patente. Una triste vicenda che purtroppo non è l'unica nel mondo dello sport
Keystone
Cinque ori paraolimpici: un solo problema, non era disabile
Incredibile la storia dell'atleta tedesca Hopf che dopo aver conquistato gli allori paralimpici per non vedenti, prese la patente. Una triste vicenda che purtroppo non è l'unica nel mondo dello sport
SPORT: Risultati e classifiche

BERLINO (Germania) - Il mondo dello sport, dell’agonismo e della competizione dovrebbe convivere sempre con il Fair Play, con il rispetto dell’avversario che renderebbe ancora più dolce il gusto della vittoria e un po’ meno amaro quello della sconfitta. Se poi si parla di Olimpiadi, o ancora meglio delle Paraolimpiadi non dovrebbe essere difficile combinare questi aspetti e farli coesistere sotto il tetto dei “Cinque Cerchi” e della considerazione delle disabilità del prossimo, ma purtroppo non sempre è così.

La rivista settimanale tedesca “Der Spiegel” ha rivelato un triste aspetto della vicenda capitata all’atleta Yvonne Hopf. La nuotatrice tedesca infatti ad Atlanta ’96 era entrata nella storia conquistando ben cinque medaglie d’oro, raggiungendo un mito come l’australiano Ian Thorpe, nonostande l’handicap di non vedere la parete verso cui nuotava. Dopo quel trionfo a soli 18 anni, la Hopf non venne ammessa alle Olimpiadi di Sydney 2000 e il motivo è semplice e nel contempo triste: l'atleta, durante un controllo medico, risultò avere una vista superiore al 10%, il limite invalicabile per poter partecipare alle gare paralimpiche.

Non solo, dopo qualche settimana la paratleta tedesca prese anche la patente, a dimostrazione che il suo handicap non era altro che una farsa. Il suo, tra l’altro, non è neanche un caso isolato: sono infatti tanti gli atleti che cercano di simulare problemi fisici pur di partecipare e vincere più facilmente nelle competizioni riservate ai disabili.

Fortunatamente alcuni di questi simulatori cascano nei tranelli della truffa che loro stessi hanno preparato: a volte negare e aggrapparsi al miracolo non serve a nulla e i colpevoli vengono sempre puniti.

Altro caso eclatante risulta quello dell’olandese Monique van der Vorst, vincitrice alle Paralimpiadi di Pechino del 2008 di due argenti nell’handbike (una bici su tre ruote spinta con le braccia). Nel 2010 annunciò che, dopo 13 anni in sedia a rotelle, era tornata a far uso delle proprie gambe, a seguito di uno scontro. Il mondo dello sport per disabili era abbastanza scettico su tale dichiarazione, anche se la gioia aveva comunque preso il sopravvento sui dubbi; poche settimane fa la Van der Vorst ha ammesso la sua colpa, ovvero che era in grado di camminare già quando simulava e gareggiava come disabile.

Questi comportamenti non possono essere ovviamente accettati, poiché sono uno smacco sia per il mondo dello sport che per quello dei disabili; chi simula infatti mantiene degli atteggiamenti scandalosi che mirano ad ottenere delle vittorie false e sporche, così come col doping. Come sottolineato anche da Michael Teuber, vincitore di tre ori olimpici, il problema sta anche nel sistema di classificazione: “Gli atleti si sentono sotto costante osservazione. Alcuni limitano volutamente le loro prestazioni, per non essere sospettati di non essere «abbastanza disabili» e, dunque, per non essere spostati in un’altra classe in cui si troverebbero a gareggiare con atleti con un grado di handicap inferiore al loro”.

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