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CANTONESovranità nazionale... anche nella sicurezza informatica

13.10.15 - 22:03
Alberto Togni Candidato al CN per il Partito Comunista
Sovranità nazionale... anche nella sicurezza informatica
Alberto Togni Candidato al CN per il Partito Comunista

Sono passati 2 anni dalle scottanti rivelazioni di Edward Snowden generanti lo scandalo del cosiddetto "Datagate". Da quel mese di giugno, si sono susseguite una moltitudine di rivelazioni (dall'esistenza di PRISM, il programma che permette alla NSA di accedere a email, foto, comunicazioni e file vari degli utenti sui social, all'elenco di 38 ambasciate tenute sotto controllo, fino all'intercettazione delle telefonate di Angela Merkel in persona) dimostrando che, chi più chi meno, siamo tutti sotto l'occhio vigile della NSA.

Il dibattito creatosi si è subito diviso in due fazioni: quelli che accusavano Snowden di essere un traditore della patria e chi invece ne esaltava le gesta e lo consacrava a eroe della libertà.

Tralasciando per un momento il sacrosanto diritto alla privacy che ognuno di noi dovrebbe possedere, sorgono due questioni che a mio
parere non son state davvero tenute in considerazione nel corso della vertenza.

La prima è sulla struttura e il mandato della NSA. La stessa infatti, come sottolinea il nome, è un'agenzia nazionale che dovrebbe occuparsi, in teoria, unicamente di ciò che riguarda la sicurezza all'interno dei propri confini. Non possiede quindi alcuna legittimità a ergersi a "grande fratello" del mondo intero, nemmeno quando le potenziali minacce giungono dall'esterno. Soprattutto se per l'agenzia in questione, oltre a poter operare  indipendentemente da qualsiasi giurisdizione, non sussiste l'obbligo di fornire a stati terzi i risultati dei controlli che porta avanti (cosa che un'organizzazione quale la IAEA, l'agenzia internazionale per l'energia atomica, è invece giustamente
tenuta a fare).

La seconda, e qui mi chiedo come mai nessun liberale abbia mai tirato fuori l'argomento, riguarda il pressoché totale controllo su qualsiasi dato in entrata e in uscita dal Bundestag.

Se l'NSA è in grado di sapere  di cosa discute Angela Merkel durante le sue conversazioni al telefono, chi ci garantisce che in questo momento non stia facendo lo stesso all'interno di aziende svizzere (fatto peraltro in parte già verificatosi quando nel 2007 la CIA ricattava un banchiere di Ginevra per avere informazioni sulle banche svizzere), praticando così un pericoloso spionaggio industriale che mina quelli che sono i tanto cari valori liberali della libera concorrenza?

L'agenzia di Sicurezza Nazionale statunitense non si fermerà certo di sua spontanea volontà, né vorrà adottare alcun protocollo che vada a tutelare la privacy  degli utenti, delle aziende e dei politici.

Occorre quindi che la Svizzera si sieda a un tavolo con tutta una serie di altri stati (penso alla Germania, alla Francia, ma anche a
Brasile e India) per creare una coalizione che si contrapponga alle ingerenze perpetrate nei confronti delle sovranità nazionali di ciascun paese, approfittandone magari per intavolare una discussione sulla necessità, in un mondo in cui gli stati sono sempre più interdipendenti tra loro, di istituire un trattato internazionale in materia di comunicazione e privacy.

 

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