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CANTONE"È fondamentale che investitori e imprenditori si assumano maggiore responsabilità sociale"

12.10.15 - 18:00
Intervista a Marco Romano, Consigliere nazionale uscente PPD
Foto Ti-Press Carlo Reguzzi
"È fondamentale che investitori e imprenditori si assumano maggiore responsabilità sociale"
Intervista a Marco Romano, Consigliere nazionale uscente PPD

LUGANO - Il Consigliere nazionale uscente Marco Romano ha risposto ai nostri quesiti in merito alle ormai imminenti elezioni federali. Romano corre per la conferma del suo seggio a Berna.

Lavoro: nel Mendrisiotto c'è una percentuale di frontalieri che supera il 50%. Neppure in Lussemburgo vi è una situazione del genere. Il liberismo abbinato al pragmatismo e all'utilitarismo tipicamente elvetici non rischiano di essere controproducenti per il nostro Cantone?

I concetti filosofici espressi nella domanda sono un approccio teorico, la realtà pratica è più complessa e non dipende solo dallo Stato. La differenza socioeconomica tra il sud del Ticino (non solo Mendrisiotto) e la Lombardia è cresciuta fortemente negli ultimi anni. Questa situazione ha creato opportunità, ma anche gravi distorsioni. Alla luce della situazione esistente sono necessarie misure legislative per garantire salari dignitosi, lottare contro gli abusi, gestire la mobilità aziendale transfrontaliera e riqualificare le zone industriali. Accanto a ciò è fondamentale che investitori e imprenditori si assumano maggiore responsabilità sociale perché il Ticino non va “lombardizzato”.

Si dice che l'economia ticinese sia diventata più ricca dall'entrata in vigore degli accordi bilaterali. Questa ricchezza come è stata distribuita? I ticinesi sono più ricchi di prima?

Non è questione di più o meno ricchi, ma di ricerca di equilibrio e di capacità di offrire a chi è in difficoltà il migliore sostegno sociale possibile. Non guardo ai più ricchi, ma cerco il meglio per chi è in difficoltà; per “farlo uscire”, non per “mantenerlo”. Personalmente desidero per la Svizzera di domani una crescita che non sia solo quantitativa, ma anche qualitativa. Mi aspetto che l’economia generi, in maniera responsabile, profitto che permetta anche di finanziare lo Stato sociale. Le derive di molti Paesi attorno al nostro evidenziano come un tessuto economico iper-regolamentato e incapace di essere vincente trascini tutta la società in un vortice negativo. Indipendentemente dal tipo di relazione che avremo nei prossimi anni con i Paesi che ci circondano, occorre preservare uno Stato sociale finanziabile e capace di aiutare chi è in difficoltà; senza che vi siano abusi.

Franco forte. Nonostante l'allarme lanciato dal settore industriale, dal turismo e dalla vendita al dettaglio, gli studi di ricerca parlano di economia svizzera che tiene e cresce. Tanto rumore per nulla?

Gli studi si fondano su medie e approcci globali. La Svizzera è una realtà eterogenea e multiforme. Ticino, Appenzello, Basilea e Ginevra sono realtà molto differenti, esposte a problematiche non sempre paragonabili. Il franco forte rappresenta una sfida per tutto il Paese con differenze regionali e con risvolti diversi a dipendenza dei settori; taluni ne traggono anche notevole profitto. Sono fiducioso che il tessuto industriale saprà reagire innovando, lo Stato deve tuttavia ridurre i costi dettati dalla burocrazia. Per quanto riguarda l’economia in senso ampio occorre porre fine alle dinamiche che rendono la Svizzera “un’isola dei prezzi alti”. Talune differenze sono ingiustificate e scorrette! La politica può e deve intervenire.

Il 9 febbraio 2014 gli svizzeri hanno messo in discussione la politica del Consiglio federale in materia di migrazione. Come se ne esce?

Se ne esce trattando in maniera più decisa e determinata con l’Europa nel corso dei prossimi due anni. Entrambe le parti hanno interesse a una soluzione, l’interconnessione è forte per entrambe le parti. È ora di frenare il disfattismo e l’insicurezza, servono maggiore coraggio e intraprendenza. La Legge d’applicazione interna da presentare a Bruxelles va approvata al più presto dal Parlamento. Il Consiglio federale deve poi gestire con più determinazione il dossier e appoggiarsi maggiormente anche sull’interesse ad una soluzione da parte dei Paesi circostanti il nostro (Francia, Germania e Italia). Ad oggi siamo deboli e inconcludenti, non si va lontano. Serve un altro approccio e sono convinto che si troverà una soluzione.

I premi della cassa malati aumentano ancora. Fino a quando reggerà questo sistema?

A crescere inesorabilmente sono di fondo i costi globali della salute. Le cause sono molteplici e non tutte gestibili con misure immediate: gli sviluppi della medicina e della tecnologia, l’invecchiamento della popolazione, il ricorso a cure mediche, il mondo ospedaliero, il corpo medico, ecc. Direttamente (cassa malati) e indirettamente (imposte comunali e cantonali), è sempre il cittadino a pagare. I premi di cassa malati stanno divenendo una componente troppo rilevante (e insostenibile) delle spese “obbligate” soprattutto per il ceto medio. Servono correttivi a tutti i livelli, coscienti che fondamentalmente, fermando la crescita dei costi globali, potremo ripartire meglio il finanziamento.

La Svizzera è risparmiata dal grande flusso di migranti in cerca di rifugio e prospettive di vita migliori. Ritiene necessario potenziare i controlli ai confini?

Ritengo che la dotazione di personale del Corpo Guardie di confine sia insufficiente, tanto quanto quella della “dogana commerciale”. In questo senso il Parlamento ha approvato in questa legislatura una mia mozione per potenziare il personale in questi settori. Più personale permette controlli più intensi ed efficaci. Mentre numerosi Paesi europei hanno perso il controllo e sono letteralmente sopraffatti, la situazione in Svizzera è sotto controllo. L’afflusso continuo è gestibile e proporzionalmente molto ridotto rispetto ai Paesi circostanti. Il “sistema asilo” svizzero dà prova di funzionare. Siamo riusciti a divenire poco attrattivi per i migranti economici poiché la richiesta è evasa negativamente in pochi giorni. In maniera efficiente ed efficace, nel rispetto dello Stato di diritto, diamo rifugio a chi ne ha diritto, risultando poco interessanti per la grande massa.

La politica energetica è abbastanza o troppo coraggiosa?

Non è questione di coraggio o meno, ma di capacità di approvvigionare il nostro Paese in maniera sicura, durevole e più rinnovabile possibile. Senza energia si blocca tutto. Ognuno di noi ne consuma molta durante l’intera giornata e pochi sono disposti a grandi rinunce (spegnete il PC o il telefono con cui state leggendo questa intervista?). In Svizzera disponiamo di una risorsa rinnovabile straordinaria, l’acqua che garantisce il 60% della produzione. Nel lungo periodo dovremo aumentarne lo sfruttamento, affinché con vento e sole, accompagnati da un maggiore risparmio (ad esempio con il rinnovo degli edifici) si possa gradualmente abbandonare l’energia nucleare. Serve un approccio pragmatico, non ideologico.

Finanziamenti ai partiti poco trasparenti, rappresentanti del popolo al servizio delle lobby dei potenti dell'economia. Come rispondere a queste accuse?

Di leggere le regole del gioco ed evitare di fare di ogni erba un fascio. Il Parlamento svizzero è l’unico di milizia in tutta Europa. Un valore e un’efficienza incredibili rispetto ai professionisti di tutti i Paesi che ci circondano. Siamo cittadini-politici, non una casta privilegiata staccata dalla realtà. Preserviamo quest’organizzazione unica, cercando la massima trasparenza possibile. Ogni parlamentare è obbligato a segnalare i propri legami e la scheda è pubblica. In aggiunta occorre dichiarare pubblicamente il proprio interesse rispetto alla tematica discussa all’inizio di ogni intervento sia in commissione sia in plenum. Vi sono tanti CdA o Consigli di Fondazione, come quelli in cui siedo, in cui non si percepisce remunerazione. È puro volontariato. Perché demonizzare tutto e tutti?

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