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LUGANO"Basta demonizzare economia e politica"

08.10.15 - 19:19
Intervista a Rocco Cattaneo, candidato PLR per il Consiglio Nazionale
"Basta demonizzare economia e politica"
Intervista a Rocco Cattaneo, candidato PLR per il Consiglio Nazionale

LUGANO - Rocco Cattaneo è presidente del Partito Liberale Radicale Ticinese ed è sceso in campo per un seggio in Consiglio nazionale. La concorrenza è dura. Ignazio Cassis e Giovanni Merlini non intendono lasciare il loro posto libero, ma con la sua presenza, l'ex corridore vuole giocare le sue carte fino all'ultimo. 

Lavoro: nel Mendrisiotto c'è una percentuale di frontalieri che supera il 50%. Neppure in Lussemburgo vi è una situazione del genere. Il liberismo abbinato al pragmatismo e all'utilitarismo tipicamente elvetici non rischiano di essere controproducenti per il nostro Cantone?
"La libera circolazione è stata approvata dal popolo. I rischi per il mercato del lavoro li conoscevamo. Ora la situazione in alcune regioni, in particolare nel Mendrisiotto, è critica e in attesa che vengano applicati i contingenti bisogna subito fare qualcosa. Il nostro ministro, Christian Vitta, ha proposto alcune misure: quattro per aumentare la sorveglianza sulle distorsioni che si verificano sul mercato del lavoro, e altre quattro per promuovere il lavoro, come la riqualifica degli apprendisti e il miglioramento dell’efficienza degli uffici regionali di collocamento. Anche il nuovo accordo con l’Italia, se sarà corretto rispetto allo stato attuale, potrà contribuire a riportare un certo equilibrio, rendendo meno interessante l’accesso al nostro mercato per i frontalieri. Non bisogna però dimenticare che diversi imprenditori, ticinesi o stranieri, non avrebbero investito in questi anni se non ci fosse stata disponibilità di manodopera frontaliera, e in quelle aziende lavorano anche molti ticinesi".

Si dice che l'economia ticinese sia diventata più ricca dall'entrata in vigore degli accordi bilaterali. Questa ricchezza come è stata distribuita? I ticinesi sono più ricchi di prima?
"Una cosa è certa: che dall’entrata in vigore della libera circolazione l’economia svizzera e ticinese continuano a crescere e la disoccupazione è diminuita, o comunque non è aumentata. È anche importante sottolineare che negli ultimi dieci anni, nonostante la crisi della piazza finanziaria, le entrate fiscali non sono crollate. E questo grazie anche all’indotto generato dalle nuove aziende, soprattutto nel settore industriale. Magari non tutti sono più ricchi di prima, ma la fiscalità ha permesso la ridistribuzione di buona parte della ricchezza generata, che va dunque a beneficio della collettività. Quello che invece preoccupa è l’aumento delle fasce deboli di popolazione: ci sono molte persone in difficoltà, ma non solo perché hanno perso il lavoro. Ci sono anche altri fattori sociali. Inoltre, abbiamo ancora, soprattutto tra i giovani, persone che non sono sufficientemente formate. Ecco perché bisogna battere il chiodo sulla formazione e sull’orientamento professionale.

Franco forte. Nonostante l'allarme lanciato dal settore industriale, dal turismo e dalla vendita al dettaglio, gli studi di ricerca parlano di economia svizzera che tiene e cresce. Tanto rumore per nulla?
"È vero, l’economia cresce, ma turismo e commercio (lo dicono gli studi, ma lo vediamo ogni giorno), sono in evidente difficoltà. Proprio per limitare gli effetti del franco forte sul turismo ho lanciato nelle scorse settimane l’idea di congelare per un anno il prelievo dell’IVA per gli operatori del settore. Ho inoltre proposto diminuire del 10% l’aliquota dell’imposta federale diretta, una misura che darebbe ossigeno sia alle persone fisiche sia alle aziende".

Il 9 febbraio 2014 gli svizzeri hanno messo in discussione la politica del Consiglio federale in materia di migrazione. Come se ne esce?
"Bella domanda. La nostra diplomazia ha ancora circa un anno e mezzo di tempo per far digerire all’Unione europea i contingenti sulla manodopera estera o l’applicazione della clausola di salvaguardia. Dobbiamo cercare però di salvare la via bilaterale, il cui abbandono aprirebbe la strada all’adesione della Svizzera all’UE, alla quale sono fermamente contrario".

I premi della cassa malati aumentano ancora. Fino a quando reggerà questo sistema?
"Secondo me il sistema non regge più. È giunto il momento di cambiare. La proposta che ho formulato è radicale, ma credo che solo con interventi drastici possiamo cercare di contenere i costi della salute e la relativa imposta. Ritengo quindi che si debba abrogare la Legge federale – la LAMAL – e attribuire ai Cantoni la libertà di decidere il sistema assicurativo da applicare. Una decisione che va nella direzione di un vero federalismo, principio che sostengo anche in altri settori, per esempio quello fiscale. Non sono per una cassa malati unica federale, ma un giorno o l’altro questa proposta, promossa dalla sinistra, finirà per essere accettata dal popolo, che non tollera più di vedersi aumentare i premi ogni anno. Attribuendo la competenza sanitaria ai Cantoni, saranno questi ultimi a decidere se operare in autonomia oppure attraverso concordati intercantonali, e a decidere come impostare il sistema. Le soluzioni applicabili sono molteplici, ma il presupposto per questa “liberalizzazione” del sistema sanitario in senso federalista è l’abrogazione della LAMAL, che disciplina il finanziamento dell’assicurazione malattia".

La Svizzera è risparmiata dal grande flusso di migranti in cerca di rifugio e prospettive di vita migliori. Ritiene necessario potenziare i controlli ai confini?
"Per il momento la Svizzera è risparmiata. La situazione potrebbe però cambiare da un giorno all’altro. I controlli al confine vanno dunque potenziati, come del resto si sta iniziando a fare. Dobbiamo mettere in atto un dispositivo di crisi che permetta di affrontare eventuali emergenze, anche grazie alla nuova legge sull’asilo che ha l’obbiettivo di velocizzare le pratiche, così da poter decidere tempestivamente chi ha diritto e chi no a ottenere asilo. Non dobbiamo però tradire la nostra tradizione umanitaria. Quindi, niente muri".

La politica energetica è abbastanza o troppo coraggiosa?
Dipende che cosa si intende per coraggiosa. Secondo me la strategia energetica deve essere soprattutto pragmatica e razionale. Ad esempio, ritengo opportuno mantenere in esercizio le nostre centrali nucleari a tempo indeterminato, senza fissare dei termini. Le energie alternative – eolica e solare – vanno nel frattempo promosse, ma senza “drogarle” con sussidi insostenibili che portano distorsioni sul mercato energico, come sta accadendo in Francia e Germania. Aggiungo che le centrali idroelettriche ticinesi, che producono un’energia rinnovabile e “pulita”, devono essere sostenute finanziariamente a livello federale. Solo così il nostro patrimonio energetico potrà essere preservato e tornare ad essere concorrenziale sul mercato.

Finanziamenti ai partiti poco trasparenti, rappresentanti del popolo al servizio delle lobby dei potenti dell'economia. Come rispondere a queste accuse?
"Bisogna smettere di demonizzare l’economia. L’economia è il cuore pulsante di ogni nazione. Lo stesso discorso vale per la politica: basta affermare che è soltanto un luogo di intrallazzi e di accordi sottobanco. L’importante è che l’economia non decida al posto della politica. Ma le lobby ci sono anche nei partiti che si propongono come vergini illibate: pensiamo solo alle aree ambientaliste e sindacali, e all’enorme potere che esercitano nella politica federale".

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