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CANTONEAffrontiamo la crisi senza paraocchi

31.03.15 - 17:30
Natalia Ferrara Micocci, avvocato, candidata PLRT al Consiglio di Stato
Affrontiamo la crisi senza paraocchi
Natalia Ferrara Micocci, avvocato, candidata PLRT al Consiglio di Stato

In queste settimane ho incontrato molte persone preoccupate per la situazione ticinese. Il rafforzamento del franco, la firma degli accordi con l’Italia e le varie novità legislative che segnano la fine di un’epoca per la nostra piazza finanziaria, i numerosi segnali di difficoltà delle nostre aziende. Sono solo alcuni degli indicatori che ci mettono di fronte ad una realtà: «una fase è finita», o «la festa è finita», come è già stato detto e scritto. Sono in ogni caso convinta che abbiamo le risorse per uscire rafforzati da questa crisi ma ad una condizione: toglierci i paraocchi e lavorare uniti. Mai come oggi abbiamo bisogno di flessibilità e di compromessi, mai come oggi non troviamo né gli uni né gli altri.

Nei momenti difficili dobbiamo cercare punti fissi dai quali provare a ripartire. Anzitutto, la politica deve dimostrare di sapere valutare la situazione, discutere, cercare soluzioni, decidere e rapidamente realizzare. Purtroppo, da anni, la politica ticinese è bloccata. La discussione è spesso impedita da posizioni predefinite, da pregiudizi riassunti in frasi che chi ha frequentato i corsi di problem solving, mi insegna vengano definite «frasi killer». Alcune le conosciamo da tempo: non è di nostra competenza; buona idea ma non è per noi; abbiamo sempre fatto così; ti immagini quanto lavoro si dovrà fare, e via elencando. Altre le abbiamo imparate soprattutto negli ultimi anni: non si può fare; non abbiamo la base legale. Nelle ultime settimane se ne sono aggiunte alcune: mettiamo in pratica il 9 febbraio; prima i nostri; salviamo il lavoro; basta con il dumping salariale; sì che si può.

In ciascuna di queste frasi c’è un fondo di verità, ma nessuna è una soluzione. Inoltre, ammonisce Georg Bernard Shaw, «per ogni problema complesso c’è una soluzione semplice, che è sbagliata». Soprattutto però, queste posizioni dividono fra «noi» e «loro», allontanando o annacquando all’eccesso le soluzioni. Mettiamoci allora al lavoro, in modo pragmatico. Togliamoci dalle posizioni predefinite o della false certezze e proviamo a guardare la realtà riconoscendo la bontà di diversi punti di vista e l’assenza di rimedi miracolosi: solo così potremo aumentare la possibilità di trovare buone soluzioni.

Penso prima di tutto al lavoro, terreno di incertezze e di preoccupazioni per i meno giovani e per i giovanissimi, per gli uomini e ancor più per le donne. Anche in questo settore, la ricerca di soluzioni è in parte bloccata da alcune caricature, come quella dei “padroni egoisti” o dei “frontalieri rubaposto”. Ricordiamoci che la maggior parte dei quasi 230'000 posti di lavoro in Ticino sono garantiti da aziende private: nel 2012 erano almeno 30'000 delle quali solo meno di 500 con 50 o più collaboratori. La stragrande maggioranza sono realtà con meno di 10 dipendenti a tempo pieno. In queste, ma anche nella maggioranza delle altre ditte, datore di lavoro, dirigenti e collaboratori lavorano fianco a fianco con la stessa preoccupazione: assicurare il futuro dell’azienda, dei posti di lavoro e dei salari. Certo, ci sono brutte eccezioni, ma molti di più sono i buoni esempi.

Se togliamo i paraocchi, vediamo che per poter pagare salari adeguati, le aziende devono avere margini sufficienti tra costi e ricavi e capiremo che di fronte a clienti che impongono una riduzione del prezzo (anche a seguito del valore del franco) diventa irrinunciabile avere in azienda le migliori competenze (nel sapere fare ma anche nel saper essere) e cercare insieme una soluzione che permetta di fare tornare i conti.

Compito dello Stato, e non è certo poco, è garantire le migliori condizioni quadro per permettere alle aziende di lavorare e far lavorare. Responsabilità anzitutto delle parti sociali è negoziare salari equi. Per permettere di produrre, stare sul mercato e avere margini sufficienti, bisogna intervenire sulla pressione fiscale e sui costi connessi agli adempimenti amministrativi. Non frasi fatte, dunque, né frasi killer, ma tanto impegno da parte di tutti. Solo così potremo dare una risposta alle attese delle ticinesi e dei ticinesi, bisognosi di fatti.

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