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ATTUALITÀ SETTIMANALEL’inflazione sta rialzando la testa

18.04.16 - 20:10
Gianluigi Mandruzzato, BSI Macro&Fixed Income Analysis
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L’inflazione sta rialzando la testa
Gianluigi Mandruzzato, BSI Macro&Fixed Income Analysis

I mercati e gli investitori hanno convissuto per una buona parte degli ultimi due anni con lo spettro di un’incipiente deflazione nelle economie industrializzate, timore accentuatosi nella parte finale del 2015 e ad inizio del 2016 a seguito del crollo del prezzo del petrolio e delle materie prime in generale. Da qualche mese, tuttavia, la dinamica dei prezzi al consumo nei paesi sviluppati dà segnali di risveglio, seppure ancora timidi. La domanda si pone se si tratti di un fuoco di paglia o se sia invece sostenibile per qualche trimestre almeno.

Il tasso di inflazione dei paesi del G7 ha chiaramente decelerato dopo il picco raggiunto nel 2008 sulla spinta di un prezzo del petrolio prossimo ai USD150pb e di una crescita economica molto robusta, chiaramente superiore al potenziale, drogata, come si è scoperto dall’eccesso di credito, tutti fattori che avevano portato ad un utilizzo della capacità produttiva oltre il tasso sostenibile senza generare pressioni al rialzo sui prezzi. La media annua è passata del 2.2% del periodo 1992-2008 ad un ben più basso 1.5% per il periodo 2010-2015 – laddove abbiamo volutamente escluso dal calcolo il tracollo della dinamica dei prezzi durante la fase acuta della Grande Recessione. Addirittura, la media del 2015 è stata pari allo 0.25% che, al netto del bias statistico al rialzo nella misurazione del CPI, quantificabile in circa un punto percentuale, in effetti equivale a dire che il 2015 ha visto una moderata deflazione nei paesi del G7.

Molto di questo movimento al ribasso del tasso d’inflazione è spiegato dal tracollo dei prezzi delle materie prime, energia ed alimentari in primo luogo. Rispetto ad inizio 2014, il prezzo delle materie prime energetiche è sceso di quasi il 60% ai prezzi correnti mentre quello degli alimentari è di oltre il 16% inferiore.

Non sorprende quindi osservare che nei paesi sviluppati la dinamica dell’inflazione core, cioè al netto delle componenti volatili di energia ed alimentari, si è recentemente mantenuta su tassi decisamente superiori all’inflazione complessiva, o headline. In media, nel 2015, l’inflazione core è stata superiore a quella headline di 1.7pp negli USA, di 0.75% nell’area euro, di 1.05% nel Regno Unito, e dello 0.2% in Giappone. Tale fattispecie si era verificata solo sporadicamente fino al 2013, ed è stata causata dalla progressiva accelerazione dei tassi di inflazione core dopo i minimi segnati ad inizio 2015 mentre l’inflazione headline ha mostrato un profilo pressoché piatto per buona parte dell’anno scorso.

Nei primi mesi dell’anno, la ripresa dell’inflazione si è accentuata, ma non è stata spiegata solo dal rimbalzo delle materie prime registrato da metà gennaio. Infatti, il gap tra inflazione core ed healine si è mantenuto pressoché costante negli USA, nel Regno Unito ed in Giappone, ma è aumentato nell’area euro, segno che anche le componenti core del paniere del CPI mostrano una dinamica ascendente.

Data la maggiore vischiosità di queste ultime, è verosimile che l’inflazione core mantenga una traiettoria moderatamente ascendente nei prossimi trimestri, coerentemente con il progressivo riassorbimento della capacità produttiva inutilizzata, come evidenziato, ad esempio, dal calo dei tassi di disoccupazione in tutte le principali economie industrializzate.

Inoltre, a meno di nuovi tracolli, i tassi di variazione annua del prezzo del petrolio e delle commodities agricole tenderanno a moderarsi, pur restando in territorio negativo fino alla fine dell’anno in corso. Ciò sarebbe comunque sufficiente a ridurre il gap tra inflazione core ed headline, con quest’ultima che convergerebbe progressivamente verso la prima.

In conclusione, ci pare che si debba attribuire un’elevata probabilità alla prospettiva di un’accelerazione ulteriore dell’inflazione headline nei paesi industrializzati nel corso dei prossimi trimestri, e soprattutto nella seconda parte dell’anno quando l’effetto base disinflazionistico sulle componenti volatili di energia ed alimentari dovrebbe più rapidamente diminuire.

 

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