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ATTUALITÀ SETTIMANALEOccupazione robusta e retribuzioni anemiche: cosa farà la Fed?

08.03.16 - 08:53
L'attualità settimanale di BSI con Gianluigi Mandruzzato, BSI Macro&Fixed Income Analysis
Occupazione robusta e retribuzioni anemiche: cosa farà la Fed?
L'attualità settimanale di BSI con Gianluigi Mandruzzato, BSI Macro&Fixed Income Analysis

I dati sul mercato del lavoro statunitense per il mese di febbraio hanno superato le attese per quanto riguarda gli occupati non agricoli, ma un esame più attento rivela una certa debolezza, specialmente per quanto riguarda la dinamica delle retribuzioni. Ciò detto, i nuovi dati sull'occupazione rassicurano circa la tenuta dell'economia statunitense a fronte della recente ondata di volatilità sui mercati e i crescenti timori riguardanti l'evoluzione della domanda globale. Ciò rincuorerà la Federal Reserve e dovrebbe spingere il FOMC a rimanere dell'avviso che le informazioni disponibili giustificano una “graduale” rimozione dello stimolo di politica monetaria nel resto del 2016 e oltre.

Il mercato ha reagito in maniera tutto sommato pacata, forse perché il solido rapporto ADP sugli occupati nel settore privato pubblicato lo scorso mercoledì aveva fatto presagire i robusti dati sull'occupazione rilasciati oggi. I rendimenti sui Treasury a più lunga scadenza sono aumentati di qualche punto base, ma comunque più di quelli a breve scadenza, determinando un lieve irripidimento della curva. Sul mercato valutario, lo USD dopo un’iniziale flessione ha recuperato nei confronti delle altre principali valute mentre il mercato azionario ha mostrato un andamento contrastato.

I nuovi occupati non agricoli si sono attestati a 242mila a febbraio, superando la stima di consenso di 190mila. Un ulteriore segnale di forza è arrivato dalle revisioni per i due mesi precedenti, con un incremento di ulteriori 30mila che ha portato la media a 3 mesi a un robusto 228mila. L'attuale ritmo di creazione di nuovi posti di lavoro è più che sufficiente a riassorbire la forza lavoro in eccesso ed esercitare pressioni al rialzo progressivamente più marcate sulle dinamiche delle retribuzioni e l'indice CPI. Ulteriori indicazioni in tal senso giungono dal tasso di disoccupazione, stabile al 4.9%, e il calo della disoccupazione in senso lato (U6) dal 9.9% al 9.7%, nonostante l'incremento di 0.2 punti percentuali del tasso di partecipazione al mercato del lavoro. Poiché la disoccupazione al 4.9% è già inferiore al tasso naturale di disoccupazione (NAIRU) stimato dalla Fed, è verosimile che gli i salari orari si muoveranno prima o poi verso un ritmo di crescita annuale del 3%. Un tale scenario sarebbe in linea con i riscontri sulla dinamica delle retribuzioni provenienti dalle rilevazioni nel settore privato e accrescerebbe la “necessità” di una politica monetaria meno accomodante.

D'altro canto, il rapporto sul mercato del lavoro ha mostrato anche punti di debolezza e riservato delusioni.

Segnatamente, la dinamica delle retribuzioni ha sorpreso al ribasso, con un calo mensile del -0.1% che ha determinato un rallentamento dell'inflazione salariale al 2.2% a/a rispetto al 2.5% a/a di gennaio. Sebbene una certa volatilità mensile, così come le revisioni di stime precedenti, siano frequenti in tale serie di dati, senza dubbio le “colombe” in seno al FOMC citeranno tali elementi per sostenere che non vi è un rischio imminente di un'accelerazione dei prezzi, e che pertanto la Fed può adottare un approccio paziente e “graduale” nei confronti del processo di normalizzazione.

A corroborare tale tesi vi è anche la flessione delle ore settimanali di lavoro aggregate al 1.55% a/a dal 2.13% a/a che ha comportato un rallentamento della dinamica dei redditi da lavoro nominali al 3.8% a/a, il ritmo più basso degli ultimi due anni. Sebbene l'attesa frenata dell'inflazione aumenterà il potere d'acquisto reale delle famiglie nella prima metà del 2016, le pressioni endogene sui prezzi al consumo potrebbero rivelarsi meno pronunciate nel breve termine.

A fronte dei nuovi dati provenienti dal mercato del lavoro, cosa deciderà il FOMC alla prossima riunione di metà marzo?

A nostro avviso, lo scenario più probabile è che il comitato lasci invariato lo status quo per quanto riguarda il tasso sui fondi federali, rimanendo frattanto fedele alla linea che sono opportune ulteriori strette, seppur moderate, nel corso dei prossimi trimestri e oltre. La stima mediana dei componenti del FOMC per la fine del 2016 verrà probabilmente rivista dall'1.375% al 1.125%, mentre sarà confermata l'indicazione di quattro aumenti dei tassi per il 2017. Sebbene questo sentiero sarebbe più moderato di quello prospettato a dicembre, continuerebbe comunque a superare di gran lunga le aspettative del mercato riflesse dai futures sul fed funds rate, i quali scontano un solo incremento per il resto del 2016 e due o tre strette monetarie nel 2017.

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