Cerca e trova immobili

ATTUALITÀ SETTIMANALEMercato azionario Svizzera: poco ossigeno per lo Smi a quota 9000

17.11.15 - 10:36
Il consueto appuntamento con l'esperto di BSI
Mercato azionario Svizzera: poco ossigeno per lo Smi a quota 9000
Il consueto appuntamento con l'esperto di BSI

Il mese di novembre non è iniziato sotto i migliori auspici per le principali borse mondiali. I venti contrari soffiano sulla fase terminale delle pubblicazioni trimestrali negli Stati Uniti, con un bilancio globale che risulta essere deludente, lasciando l’impressione che il ciclo economico stia accusando qualche battuta a vuoto. Immediatamente, all’apparire di segnali di debolezza che giungono dall’economia, gli investitori volgono lo sguardo alle reazioni delle banche centrali, per capire se vi sia un reale cambiamento di orientamento, che nel caso della Fed si traduce nella fluttuazione della probabilità di un aumento dei tassi a dicembre, che quindi alteri gli equilibri valutari.

Anche in Europa il consuntivo delle pubblicazioni trimestrali porta un messaggio opaco, con una crescita degli EPS che dopo un riscontro positivo nei primi due trimestri, ha accusato una flessione nel recente 3T15, la più marcata dal 2011. E puntualmente è sceso in campo Draghi, che di fronte a prospettive inflazionistiche incerte ha nuovamente rassicurato i mercati sulla sua disponibilità ad un ulteriore intervento di agevolazione.

La diretta conseguenza, è che il mercato svizzero, che realizza un fatturato equamente distribuito tre US, Europa e mercato interno, non può sfuggire a questa logica bipolare e si trova confrontato con due variabili esogene di difficile gestione il cui meccanismo di trasmissione è principalmente rappresentato dal cambio. La dinamica dell’EUR/USD è quindi cruciale per la borsa svizzera. Ogni accenno di posticipo da parte della Fed per un aumento dei tassi è finora coinciso con una tendenza all’apprezzamento dell’EUR, con un effetto inibitorio sulla crescita dell’Eurozona, inducendo la ECB ad una ovvia contromossa verso una politica maggiormente espansiva, che indirettamente mette sotto pressione il CHF. Difficile quindi per le società elvetiche uscire da questa logica e brillare di luce propria. Con un EUR indebolito è tutto il mercato elvetico ad essere svantaggiato, mentre un USD ascendente gioverebbe alle grosse società con fatturato importante in USD e costi in CHF.

Un USD eccessivamente forte a livello mondiale potrebbe tuttavia avere effetti collaterali indesiderati, pertanto è improbabile e inopportuno che la Fed e l’ECB si muovano contemporaneamente in direzioni opposte: per il mercato Svizzero è quindi preferibile che sia la Fed ad agire per prima, con la conseguenza di rafforzare il USD e togliere pressione dal CHF, oltre che a ritardare l’espansione della politica monetaria europea e quindi un indebolimento dell’EUR. Anche la borsa svizzera oscilla quindi sulle probabilità dell’una o dell’altra mossa con una preferenza ben definita.

Con un aumento del USD, quindi se la Fed dovesse prendere l’iniziativa per prima, le società svizzere più favorevolmente esposte dal punto di vista valutario sarebbero Actelion, Julius Baer, Swatch, UBS, Lonza, Credit Suisse, Belimo, Sonova o Straumann. Tra i penalizzati ci sarebbero tuttavia due grossi gruppi come Novartis o LafargeHolcim.

Lo SMI, come peraltro anticipato, non appena toccati i 9000 punti, ha iniziato una fase di correzione per il momento ancora contenuta, ma omogeneamente diffusa a tutto il listino, e sono ben pochi i titoli che hanno saputo chiudere la settimana con un bilancio positivo. Anche la volatilità dell’indice ha disegnato una parabola regolare discendente in ottobre, ma da inizio mese ha ricominciato a rafforzarsi nuovamente, puntando verso un graduale rialzo. I segnali sono quindi per una fase di debolezza che potrebbe estendersi sulla prossima settimana.

Per avere informazioni sempre aggiornate sui mercati finanziari, clicca qui per iscriverti alla nostra Newsletter settimanale.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE