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ATTUALITÀ SETTIMANALEFumata nera della BNS, della FED e dell'SMI

18.09.15 - 16:57
Il consueto appuntamento con l'attualità settimanale di BSI
Fumata nera della BNS, della FED e dell'SMI
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LUGANO - I mercati finanziari hanno focalizzato la propria attenzione sulla riunione della Fed, ma come nelle due precedenti occasioni trimestrali, anche questa volta vi è stato un nuovo rinvio prudenziale per l’aumento dei tassi. Si sono invece spese pochissime parole per l’analoga decisione presa dalla BNS qualche ora prima, anche se le implicazioni per gli equilibri tra le due valute sono tutt’altro che secondarie.

Durante l’estate, quando le probabilità di un aumento dei tassi US erano più elevate, il dollaro si era progressivamente apprezzato essendo implicito che la BNS non avrebbe apportato modifiche e che il regime di tassi negativi per il CHF sarebbe proseguito a tempo indeterminato, e quindi un eventuale rialzo negli US avrebbe allargato il differenziale.

La probabilità di questo scenario favoriva soprattutto le società maggiori, che hanno una parte consistente del fatturato (in media il 30%) in USD e che quindi hanno ben performato durante la prima metà dell’anno sulle aspettative di una mossa della Fed, ora disattese. Non è quindi casuale che i risultati di Richemont ed in senso lato del settore luxury, d’attualità la scorsa settimana, abbiano sorpreso positivamente, cavalcando l’onda dell’apprezzamento del USD, sufficiente a compensare la debolezza della Cina, mercato principale per il settore.

Il nulla di fatto della Fed è di rilevanza, una volta di più, per la sua retorica, infatti il frasario utilizzato da Janet Yellen affievolisce le probabilità che la Fed intervenga entro fine anno, ma soprattutto adduce come motivazione principale l’incertezza delle prospettive di crescita dell’economia mondiale e un contesto globale di debolezza economica che sarebbe gravemente perturbato da un rialzo inopportuno dei tassi. Infatti, l’economia interna americana si trova con parametri di crescita e occupazionali prossimi a cifre che giustificherebbero un intervento, ma gli scenari di crisi in Cina e nei paesi emergenti, e una congiuntura ancora debole in Europa sconsigliano di affrettare una decisione.

Viene quindi rafforzata l’opinione del FMI secondo cui le maggiori economie mondiali, così come i paesi emergenti, si trovino ancora in una fase delicata, e come la via d’uscita dalle politiche monetarie espansive delle banche centrali sia ancora irta. Per la BNS si tratta di una difficoltà aggiuntiva, che la costringe a proseguire gli interventi di acquisto di divise per evitare un ulteriore apprezzamento del CHF, che è peraltro ritenuto ampiamente sopravvalutato, come indicato nel suo comunicato.

Per le aziende, e per il mercato azionario, questo scenario si traduce in previsioni sugli utili che andranno ulteriormente ridimensionate, sia per quanto riguarda la capacità di assorbimento del prodotto svizzero d’esportazione da parte di economie ancora fragili e sensibili, sia per l’intensificarsi della spinta al rialzo del CHF, che fa diminuire il valore del fatturato conseguito all’estero.

I timori per lo stato dell’economia mondiale si sono quindi ripercossi sulle principali borse e quindi anche sull’SMI, che ha chiuso la settimana al ribasso e che potrebbe correggere ancora per qualche seduta. Riteniamo tuttavia che non appena ritrovata la stabilità, in oscillazione attorno alla media degli ultimi 30 giorni quindi alla situazione post correzione in zona 8700, la borsa svizzera dovrebbe tornare a focalizzarsi sullo stato di salute della propria economia. Lo strumento previsionale del barometro congiunturale KOF, dopo una inversione di tendenza registrata a luglio, ha aggiunto un ulteriore piccolo incremento portandosi leggermente sopra il livello di equilibrio di lungo periodo.

La statistica ci offre uno spunto ottimistico per la conclusione: il periodo precedente il primo aumento dei tassi della Fed è storicamente contraddistinto da una performance positiva dei mercati azionari europei fino ben oltre la data del rialzo. I vari indici, e con essi l’SMI, sostenuti da una politica monetaria espansiva, potrebbero beneficiarne anche questa volta.

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