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CHIUSURA 2014Mercati finanziari: un'altra annata altalenante

29.12.14 - 11:32
Resoconto economico-finanziario del 2014
Mercati finanziari: un'altra annata altalenante
Resoconto economico-finanziario del 2014

Il clima generale d’incertezza che ha caratterizzato gli ultimi anni è proseguito nel 2014. L’economia mondiale e i mercati finanziari sono stati soggetti a shock difficilmente prevedibili a inizio anno. Oltre alle numerose tensioni geopolitiche all’interno del panorama emergente, il tema che ha caratterizzato il 2014 è stato il calo del prezzo delle materie prime. La debolezza è stata diffusa tra la maggior parte dei metalli preziosi, prodotti agricoli ed energetici ma è stato il petrolio ad avere la peggior performance. La sua fragilità ha rispecchiato la debole domanda commerciale e l’eccesso di offerta, soprattutto a seguito della decisione dell’OPEC di mantenere inalterata la produzione preferendo abbassare i prezzi per difendere quote di mercato. Tale trasferimento di potere d’acquisto è benefico, a parità di altre condizioni, per le prospettive di crescita mondiale in virtù della più elevata propensione al consumo dei paesi importatori rispetto a quelli esportatori di petrolio. Di fatto, il calo della bolletta energetica avrà sui paesi importatori lo stesso effetto di una politica fiscale espansiva, liberando reddito disponibile in termini reali.

Per quel che concerne le attività finanziarie, in un contesto economico incerto e con bassi tassi di interesse, i rendimenti sono stati moderatamente positivi sia per il mercato obbligazionario sia per le borse.

La crescita economica mondiale è proseguita a ritmo blando con proiezioni di crescita e inflazione riviste progressivamente al ribasso. In questo contesto, un aspetto rilevante è stato la divergenza tra l’economia USA e quella UEM: il diverso vigore della ripresa economica ha causato una divergenza delle politiche monetarie. Da un lato l’economia USA ha dato segnali di forza: la crescita si è mantenuta su livelli solidi, l’occupazione è aumentata e il tasso d’inflazione è vicino al target del 2%. Sviluppi che hanno trovato riscontro nella politica monetaria della FED che ha terminato l’acquisto di titoli aprendo la strada alla svolta sui tassi attesa verso metà 2015. Dall’altro lato, la situazione economica dell’UEM ha suscitato maggiori preoccupazioni, sia sul fronte della crescita, in rallentamento, sia sul fronte inflazionistico. La ripresa economica ha perso slancio nel corso dell’anno: l’Italia non esce dalla recessione, la Francia attraversa una fase di stagnazione e l’economia tedesca ha rallentato rivelandosi più fragile del previsto. Elemento che preoccupa maggiormente i mercati è il rischio deflazione. Il calo del tasso d’inflazione è stato superiore alle attese e, per quanto possa essere in parte spiegato da energia e alimentari, hanno contribuito soprattutto l’ampiezza della capacità produttiva inutilizzata e il rallentamento della domanda.

La BCE, di fronte al tasso d’inflazione ben inferiore all’obiettivo del 2%, ha introdotto una serie di misure di politica monetaria espansiva: ha portato il tasso di rifinanziamento al minimo storico, avviato nuove operazioni di rifinanziamento a lungo termine per il settore bancario e iniziato un programma di acquisti diretti di titoli garantiti da attività e obbligazioni bancarie garantite. Le misure hanno contribuito a indebolire la valuta e a comprimere i tassi monetari sostenendo i titoli di stato dei paesi core, i cui rendimenti a breve termine sono calati in territorio negativo, e soprattutto i titoli di stato dei periferici, che scontano uno spread verso il Bund sui minimi degli ultimi anni.

Politica monetaria ancora più espansiva è stata quella della Banca del Giappone che ha aumentato lo stimolo monetario con ingenti acquisti di titoli. Al contrario, la politica fiscale con il rialzo dell’aliquota IVA ad aprile ha penalizzato e reso più volatile il profilo trimestrale del PIL.

La divergenza delle politiche monetarie ha rappresentato un fattore di crescente rilevanza non solo per i rendimenti dei titoli di stato ma anche per i mercati valutari. Difatti la pressione al ribasso sull’Euro sembra destinata a proseguire, in particolare se la ripresa congiunturale negli USA continuerà a trainare al rialzo i rendimenti statunitensi e le aspettative di politica monetaria.

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