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GRIGIONIFotografie sonore tra presente e passato

21.08.14 - 06:00
Il 5 e il 6 settembre si terrà la prima edizione del Moesa Open Air. In cartellone, tra gli altri, figura Davide Van De Sfroos nella sua unica data in programma (per ora) nella Svizzera Italiana
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Fotografie sonore tra presente e passato
Il 5 e il 6 settembre si terrà la prima edizione del Moesa Open Air. In cartellone, tra gli altri, figura Davide Van De Sfroos nella sua unica data in programma (per ora) nella Svizzera Italiana

ROVEREDO - Il 5 e il 6 settembre si terrà la prima edizione del Moesa Open Air. In cartellone, tra gli altri, figura Davide Van De Sfroos nella sua unica data per ora in programma (per ora) nella Svizzera Italiana.

Davide, dal giorno in cui è uscito il tuo nuovo disco, “Goga e Magoga” (Universal, 15 aprile 2014), non ti sei ancora esibito alle nostre latitudini… Più di quattro mesi… Con gli album precedenti non era mai passato tutto questo tempo…
"Spesso, effettivamente, i nostri giri sono incominciati proprio dal Canton Ticino. Devo dire, in ogni caso, che non saprei se definire quello di “Goga e Magoga” un vero e proprio tour: il motivo si colloca nel fatto che la setlist dei concerti (senza contare la performance del 13 giugno al Citysound Festival di Milano in cui l’ultima produzione è stata presentata a livello integrale) raccoglie soltanto cinque-sei composizioni del disco… Il resto è legato al mio repertorio più datato, tra cui figurano anche brani che sul palco non porto da un bel po’ di tempo…"

Quali esattamente? Vuoi anticipare qualche titolo per coloro che assisteranno al concerto del 6 settembre a Roveredo?
"Canzoni come “El Diavùl” (da “Manicomi”, album dei De Sfroos, 1995) o “Madame Falena” (da “Akuaduulza”, 2005)".

Nessuna data in Ticino? Nemmeno nel corso dei prossimi mesi?
"Stiamo lavorando ad alcune tappe nei teatri previste in autunno… La volontà di passare in Ticino c’è, ma ora come ora l’intero programma è ancora in fase di elaborazione…"

Il processo di lavorazione di “Goga e Magoga” ti ha dato una mano a superare un periodo buio, nel quale ti sei confrontato con attacchi di panico, palpitazioni e una leggera depressione… Quali canzoni, in particolare, hanno fatto da antidoto?
"“Ki”, “El calderon de la stria”, “Infermiera” e “Il re del giardino”. Brani, questi, che definirei lo specchio, nel bene e nel male, di tante cose… Versi e strofe che mi hanno consentito di poter esternare il mio stato d’animo… Una sorta di “meditazione caotica”, insomma…"

Qualche mese fa hai dichiarato che la causa di questo disagio è stata la frequentazione di un mondo diverso dal tuo… Ti riferivi a quello dello showbiz?
"Il mondo che hai citato non lo frequento affatto, ma talvolta è difficile, per un cantautore o un musicista, tenere unite la sue due vite, quella pubblica e quella privata…"

Eppure sul palco mi sembra di vedere la stessa persona, autentica e spontanea, con cui sto scambiando quattro chiacchiere in questo momento…
"Certo, quello sì… Ma quando ti trovi davanti a un pubblico sai di avere una certa responsabilità…"

Tornando allo showbiz… Il Festival di Sanremo, a cui hai partecipato nel 2011 con “Yanez”, ruota comunque attorno a lustrini e paillettes…
"Sì, ma non c’entra con la difficoltà nel gestire questa sorta di bipolarismo tra pubblico e privato… Quella è stata un’esperienza molto breve e, oltretutto, più divertente che stancante… Anche se la kermesse, come dici tu, è fatta di esagerazione…"

Le influenze di “Goga e Magoga” vanno a collocarsi nella colonna sonora della tua adolescenza: quali gli album che sono tuttora lì, immobili nel tuo cuore?
"“Aqualung” (Chrysalis Records, 1971) dei Jethro Tull, “The Wall” (Emi, 1979) e “The Final Cut” (Harvest Records, 1983) dei Pink Floyd. Nel contempo, tra le altre, all’interno dell’album troviamo influenze della Pfm, dei Fairport Convention, di Cat Stevens… Influenze, oltretutto, che ho riconosciuto riascoltando “Goga e Magoga” poco prima di pubblicarlo… È stato come usare un setaccio e vedere quante di quelle musiche, di quelle canzoni, erano rimaste dentro di me…"

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