Cerca e trova immobili

CANTONEAziende lava cervello: romanzo denuncia dal Ticino

27.02.17 - 06:00
A scriverlo è il giovane giurista Luca Brunoni. L’esperto Siegfried Alberton: «Ogni dipendente dovrebbe capire che non si è obbligati ad accettare tutto»
Aziende lava cervello: romanzo denuncia dal Ticino
A scriverlo è il giovane giurista Luca Brunoni. L’esperto Siegfried Alberton: «Ogni dipendente dovrebbe capire che non si è obbligati ad accettare tutto»

LUGANO – «La mia è una denuncia sottile al sistema dell’azienda che lava il cervello ai dipendenti, annientando la loro personalità». È un romanzo per certi versi provocatorio, quello pubblicato da Luca Brunoni, 34enne luganese, giurista e docente. Si chiama “Il cielo di domani” (Fontana Edizioni) e mette l’accento sulla rivolta silenziosa dei collaboratori delle grandi aziende. In particolare nelle banche. «È l’occasione – ammette Siegfried Alberton, specialista in gestione del cambiamento – di riflettere su cosa è diventato il mondo del lavoro. E di come molte persone si relazionano con questo ambito».

Formazione aziendale – Un attacco elegante al modello dell’azienda campus, che vede in Google l’esempio più lampante. Ma anche una critica velata al sistema bancario. Non poco, considerando che secondo un recente sondaggio del portale finews.ch, il 40% dei bancari svizzeri oggi cambierebbe strada. «La storia – anticipa Brunoni – ha come sfondo la vicenda di un giovane bancario che viene mandato a Barcellona per seguire una formazione aziendale».

Segreti – Il classico colosso imprenditoriale che si impadronisce della vita di un ragazzo per forgiarlo. «Per inculcargli concetti e filosofie. Il ragazzo si rende conto di essere stato “formattato” molto più di quanto credesse. Una rivelazione che lo porta a scoprire una serie di verità inquietanti».

Realtà più piccola – «È un modello che riguarda solo relativamente la Svizzera italiana – aggiunge Alberton –. Nel nostro contesto non sono tantissime le ditte di così grandi dimensioni. Il problema è più riscontrabile in regioni in cui sono presenti grosse imprese. È chiaro però che, anche in realtà più piccole, ci possono essere sfumature legate al fenomeno».

Domande chiave – Fino a che punto l’azienda deve interferire sulla privacy del dipendente? È giusto centralizzare la vita del collaboratore attorno al posto di lavoro? Il protagonista del libro, come molti giovani, fatica a trovare un equilibrio tra i sacrifici resi necessari dalla sua carriera e la vita privata. 

Coccole ambigue – Brunoni, che qualche anno fa ha pure collaborato alla realizzazione di un sondaggio internazionale sul “best workplace”, spiega: «Il ragazzo lavora per un’azienda che lo coccola, gli mette a disposizione tutto, dalla casa alla macchina, persino le cure mediche. Un modo per garantire il suo benessere o per tenerlo sotto controllo, migliorare la sua produttività, e legarlo all’azienda in modo duraturo? O forse c’è sotto persino altro?»

La responsabilità del singolo individuo – Alberton, dal canto suo, non ne fa un dramma. «Entrambe le parti in gioco hanno una responsabilità. Il dipendente deve capire che non per forza deve accettare tutto. Normalmente questo genere di situazioni è prevedibile e ipotizzabile già prima della firma del contratto. Da una parte è normale che un’azienda possa pretendere, ad esempio, una formazione interna».

Benefit ed equilibri – Così come può essere interessante avere la prospettiva di ricevere dei benefit, dei vantaggi. «Si sa che alcuni percorsi di carriera funzionano in un certo modo. D’altra parte, invece, sta al dipendente intuire quando gli equilibri sono messi in discussione, quando queste opportunità si stanno trasformando in espedienti per ottenere prestazioni maggiori».

 

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE