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CANTONECurreri: «I veri padri? Non quelli Viagra e ragazzine»

26.04.16 - 06:00
A tu per tu con Gaetano Curreri, cantante degli Stadio e vincitore dell’ultima edizione del Festival Di Sanremo
Curreri: «I veri padri? Non quelli Viagra e ragazzine»
A tu per tu con Gaetano Curreri, cantante degli Stadio e vincitore dell’ultima edizione del Festival Di Sanremo

LUGANO - Lo abbiamo incontrato negli studi Rsi di Lugano-Besso. Una delle prime cose che noti in lui è la luce vivace, ma bonaria, in quegli occhi che trasmettono una grande forza e voglia di fare. Questo nonostante Gaetano Curreri, cantante degli Stadio, di strada ne abbia fatta già tanta dagli esordi, negli anni ‘60, nelle balere modenesi.

Eppure, di quel ragazzino emiliano, gli è rimasta ancora addosso la genuinità. Quella che, all’età di 63 anni, gli fa ancora tremare le gambe sul palco di Sanremo. «È un palco che rappresenta un po’ il tempio della musica italiana - ammette - . Ha un fascino, un’importanza e un alone di emozione che è pazzesco. Non te lo sai spiegare, ma ti succede ogni volta. Quest’anno, prima di noi, si esibiva Laura Pausini. Un’amica, tra l’altro. Era sulla scala e stava per scendere quando mi ha urlato: “Gaetano, ho paura”. Ed è Laura Pausini. Forse è la suggestione che proviamo noi artisti italiani. D’altra parte è un posto dove ti giochi un po’ di carriera. Se va bene è come aver vinto un po’ l’Oscar. Se va male… C’è gente che ne è uscita con le ossa rotte».

Non voi, visto che questa era la vostra terza volta. E nelle altre siete riusciti a portarvi a casa due ultimi posti…

«Che sono stati molto difficili da assorbire sul momento. Poi sono diventati la nostra forza, il modo per distinguerci e per fare una carriera coronata, dopo trent’anni dall’ultimo posto dell’86, dalla vittoria di quest’anno».

E vi siete portati a casa anche il premio per la miglior cover con il brano "La sera dei miracoli", il premio per la miglior musica "Giancarlo Bigazzi" e il premio della Sala Stampa "Lucio Dalla".

«La dimostrazione che questo Sanremo aveva voglia di premiare la qualità e la storia di un gruppo che è tanti anni che fa buona musica. Al di là della bella canzone».

Che è "Un giorno mi dirai". Un brano che ha portato in tv un tema delicato, forte. Quello di un uomo che racconta una scelta, quella di un padre che decide di lasciare l’amante per amore della figlia. Avete ricevuto critiche per questo?

«I temi forti a Sanremo funzionano sempre, se hai il coraggio di affrontarli con eleganza, senza retorica, senza ergerti a mentore. Ho voluto raccontare uno spaccato di vita, non vissuta perché io non sono padre, ma che tanti padri affrontano. E dal quale alcuni scappano. Credo che nel rapporto di un padre con la propria figlia ci sia sempre qualcosa di magico, di empatico. Ma naturalmente qualcuno ha storto il naso per le mie parole. Perché "un padre non direbbe mai a una figlia che ha rinunciato alla felicità per lei". Ma il mio è principalmente un discorso interiore. Io racconto un padre vero, che somiglia un po’ al mio. Diverso da alcuni genitori che oggi, a 60 anni, sono convinti di essere ancora giovani grazie alla pillolina blu, e finiscono per ritrovarsi con delle donne che hanno l’età delle loro figlie».

Anche in questo brano si torna su un tema, la nostalgia, che si ripete per tutto l’album.

«Infatti “Miss Nostalgia” è un concept album che parla proprio di questo, della nostalgia. Noi dai tempi di “Chiedi di chi erano i Beatles” abbiamo guardato a questo aspetto della natura dell’uomo, ma con sguardo positivo. Io amo la nostalgia, che non è la malinconia, ma quel qualcosa che va sfruttato per cercare di evitare di ripetere gli errori commessi traendo forza ed energia dal proprio vissuto, dalla propria storia. In questo album abbiamo cercato di riassumere questa filosofia che ha da sempre caratterizzato il nostro gruppo, sin dagli esordi».

È per quello che nell’album c’è il brano "Noi come voi"?

«Questa canzone è stata proprio quella che ha dato l’idea dell’album. È un pezzo scritto con Lucio Dalla nel 1983 che dice: “Noi come voi, aspettando che il sole smonti, diciamo guarda che bei tramonti”. Ecco, qui c’è il concetto preciso della nostalgia».

C’è un cantante giovane che ti piace, magari con cui hai anche collaborato?

«Noemi. Con lei sono legato da una bella amicizia. Mi piacerebbe fosse mia figlia. Si vede che è una ragazza cresciuta con i principi giusti. E con la musica giusta. Mi ricordo la prima volta che l’ho sentita. Ero con Vasco. Stavamo ascoltando la radio ed ecco questa voce pazzesca. Da lì abbiamo voluto conoscerla ed è arrivata l’occasione attraverso Fausto Brizzi, che stava girando il film “Femmine contro maschi”. Per lei abbiamo scritto “Vuoto a Perdere” e siamo diventati amici».

La cosa con Vasco dei 360 concerti di fine carriera è vera o una fantasia?

«È un progetto. Il nostro finale di carriera ci vedrà da soli sul palco, lui chitarra io pianoforte. Come abbiamo cominciato. Ci divertiremo a cantare tutto quello che ci viene in mente».

Intanto all'Eurosong avete detto no. Avete dichiarato: «Largo ai giovani», e infatti ci va Francesca Michielin. Ma il vostro pensiero reale qual è stato?

«Io mi sono anche consigliato con degli amici e mi sono reso conto che non mi appartiene molto questo Eurofestival. Sul palco di Sanremo trovo la storia, la cultura della mia musica. Qui, invece, ho letto l’altro giorno che c’è persino chi si vuole presentare a cantare con un lupo… Non fa per me».

 

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