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LUGANOPezzali: “Arriverò a Lugano con un'astronave”

06.07.15 - 06:16
23 anni di carriera e svariati dischi di platino. Dopo 4 anni dal suo ultimo album di inediti, Max Pezzali torna con un nuovo cd dal titolo “Astronave Max”. Sarà a Lugano a novembre
Pezzali: “Arriverò a Lugano con un'astronave”
23 anni di carriera e svariati dischi di platino. Dopo 4 anni dal suo ultimo album di inediti, Max Pezzali torna con un nuovo cd dal titolo “Astronave Max”. Sarà a Lugano a novembre

LUGANO  – “Gli 883 avrebbero dovuto essere un fenomeno estivo”, ma per fortuna dei suoi tantissimi fans, così non è stato. A quattro anni dal suo ultimo album inedito, Max Pezzali è tornato. Lo scorso primo giugno è infatti uscito il suo nuovo disco intitolato “Astronave Max”. Ora inizia una intensa campagna promozionale. Poi, ci sarà il tour che partirà a settembre e farà tappa anche a Lugano (il 3 novembre alla Resega). Lo abbiamo incontrato negli studi della RSI, e ci ha raccontato della sua vita, del suo nuovo album e dei suoi  23 anni di carriera e di successi.  


Il tuo nuovo album si chiama “Astronave Max”, cosa vorresti che ci fosse a bordo?
“Mi piacerebbe ci fossero tutti i miei affetti, i miei cari, mio figlio e fondamentalmente tutte le cose che mi piacciono. Vorrei pure che su questa astronave tornasse il fascino e la poetica analogica di quando ero giovane.  A me piace molto il tempo in cui sto vivendo, ma in quest’epoca tecnologica e digitale si sta  perdendo la poetica delle piccole cose. ”


Nel tuo nuovo lavoro sono presenti 14 tracce ma solamente 13 canzoni (Astronave Madre è presente in due versioni). E’ stata una scelta dettata dalla scaramanzia?
“Assolutamente sì. I cantanti tendono ad essere un po’ scaramantici in quanto il nostro è un mestiere in cui la linea tra successo e insuccesso è molto sottile. Un giorno puoi essere famoso e il giorno dopo cadere nel dimenticatoio. Cerchiamo quindi di tutelarci con un po’ di scaramanzia (ride - NdR). Quando mi sono accorto che il disco aveva 13 tracce ho deciso di aggiungere la versione solo strumentale di un brano già presente nell’album.”


In “Astronave Max” sono presenti diversi stili musicali che variano dal rock alla musica elettronica. Come mai questa scelta?
“Negli ultimi anni la pubblicazione di un album è diventata quasi superflua. Il tipo di ascolto  di oggi è molto diverso rispetto al passato. La fruizione è basata sul singolo pezzo e sulla concezione di “Play List”, con brani e autori sostanzialmente diversi da canzone a canzone. Per questo motivo ho deciso di creare un album molto variegato e con stili diversi, in modo da mantenere l’attenzione dell’ascoltatore. E’ comunque un concetto che utilizzavo già negli anni 90 (con gli 883 – NdR) e che ho ripreso in questo album".


Qual è la canzone di questo album che ti rappresenta maggiormente?
“Probabilmente è il brano “Niente di grave”, in cui racconto il passaggio dall’essere figlio all’essere padre, con le responsabilità che ne conseguono. E’ un pezzo che sento molto mio e che è stato ispirato dall’osservazione di mio padre e di mio figlio che  giocavano insieme in giardino. E’ stato un passaggio di consegne. L’essere genitore ti cambia profondamente,  diventi un punto di riferimento, devi decidere anche per tuo figlio. E’ un ruolo che fino a qualche anno fa non avrei mai pensato di dover ricoprire.”


Il pezzo “Astronave Madre” parla di un centro commerciale. Come mai questa scelta?
“Il centro commerciale è un simbolo dei nostri tempi, sono “non-luoghi” in cui tutto è più comodo, ci sono parcheggi sempre disponibili, le scale mobili e tutto viene surrogato in aree specifiche in modo da risultare facile. Rappresenta una copia della realtà più semplice da gestire. E’ una metafora sulla vita sociale d’oggi. Le persone preferiscono intrattenere relazioni meno faticose tramite la rete, piuttosto che andare fisicamente dalle persone. Il centro commerciale è la realtà semplificata, diventa quasi il palcoscenico in cui si rappresenta la vita umana, ma in maniera molto differente rispetto al passato.  Una sorta di non vita.”


 Le parole di “Bonnie e Clyde” esprimono i desideri, i sogni e le speranze dei giovani di oggi. Ti riconosci in loro?
“Io mi ritrovo molto in loro e non condivido l’atteggiamento negativo che hanno molti miei coetanei. Sento gli stessi discorsi e gli stessi pregiudizi che sentivo quando ero giovane. Molti genitori dimenticano tutte le “malefatte” combinate in gioventù per una sorta di auto-difesa delle generazioni. La canzone parla di questo.  Parla di come in fondo le generazioni non siano così diverse. Sono i punti di vista, quello da giovane e quello da adulto, a cambiare completamente la prospettiva”


Molte tue canzoni nascono dall’osservazione di quello che ti sta intorno.
“Certamente. Le canzoni raramente nascono solo guardando dentro se stessi. Per me è importante guardare prima all’esterno e in seguito rapportarmi con quello che provo. Questo dualismo  è la chiave del mio modo di creare musica.”


Nella tua carriera, lunga 23 anni, hai pubblicato 19 album, hai vinto innumerevoli dischi d’oro e di platino. Sei stato pure regista e scrittore. C’è qualcosa di nuovo che vorresti fare?
“Principalmente sono e rimango un  cantante, ma mi piacerebbe molto girare un documentario di viaggio sui luoghi chiave della musica scoprendo luoghi simbolo della musica americana come Memphis, New Orleans e Nashville".


Le tue canzoni sono state una colonna sonora per molti giovani. Ti aspettavi una carriera così lunga e piena di successo?
“Assolutamente no. All’inizio gli 883 avrebbero dovuto essere un fenomeno estivo.  Un anno di svago prima di entrare nel mondo del lavoro. Un prendere tempo prima di decidere cosa fare in futuro. Ma album dopo album la musica è diventata  il mio lavoro. Diciamo che sono 23 anni che prendo tempo" (ride – NdR).


Com’è cambiato Max Pezzali in questi 23 anni?
“Sono cambiato parecchio. Ho seguito le influenze musicali che mi circondano. Risento molto di quello che ascolto e l’evoluzione della musica ha influenzato molto il mio stile. Assorbo come un spugna e ritrasmetto. (ride – NdR). Ma il maggior cambiamento riguarda la consapevolezza in quello che faccio.  L’esperienza nel mio lavoro conta molto. Fondamentalmente tutti possono scrivere canzoni, ma all’inizio ti trovi davanti soluzioni infinite e la sindrome del foglio bianco è dietro l’angolo. L’esperienza ti aiuta a superare questo problema e a fare le cose meglio e in meno tempo.”


Hai detto che assorbi lo stile della musica e lo ritrasmetti, quali sono i cantanti per cui nutri più ammirazione?
“Ne ho tantissimi. Sono un divoratore onnivoro di musica. Uno dei più grandi di sempre è sicuramente Bruce Springsteen in quanto è riuscito ad unire tutte le cose che contano della musica americana: il Rock, il Folk, il Country e le canzoni storiche americane. Ha preso tutto il meglio ed è riuscito a miscelarlo con coerenza. 


Quindi se dovessi “rubare” un testo di una canzone, la ruberesti a lui?
"Sicuramente sì, soprattutto a causa della sua narrativa. Ruberei un testo del suo album del 1982 “Nebraska”.


Un’ultima domanda che esula da te, come artista cosa ne pensi dei cantanti che escono dai Talent Show?
“Stanno uscendo dei grandi talenti, cantanti molto tecnici. Il problema è che la musica Pop non è mai stata basata solamente sulla tecnica. Il Talent Show richiede determinati parametri vocali che non sono, secondo me, strettamente necessari. Gran parte dei miei idoli del passato non avrebbero mai passato le selezioni. Però hanno il timbro vocale giusto unito alla credibilità e ai testi per essere dei grandissimi artisti. Soprattutto la scrittura dei testi non viene tenuta in considerazione nei Talent, perché è un aspetto televisivamente poco spettacolare. I Talent premiano gli artisti versatili, quelli che sanno fare bene anche cose d’altri e non sempre questo aspetto è positivo. 

 

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