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SPECIALE FORMAZIONEUn servizio di qualità

19.01.15 - 14:06
"Un cameriere non è una persona che porta dei piatti". Parola di Giuseppe Lupi che a questo nobile mestiere ha dedicato un piccolo quanto utilissimo libro
Un servizio di qualità
"Un cameriere non è una persona che porta dei piatti". Parola di Giuseppe Lupi che a questo nobile mestiere ha dedicato un piccolo quanto utilissimo libro

ASCONA - "Alle nuove leve dico di avere pazienza, un cameriere non si forma in un giorno, non si forma in un anno, arriva a sessant’anni e ha ancora da imparare. Mi complimento con chi intraprende una carriera in questo settore perché se fatta bene, questa è una fra le professioni più belle che ci siano". A parlare è il maître Giuseppe Lupi che ha da poco dato alle stampe un libricino al cui interno è racchiuso un prezioso tesoro per chi vuole avventurarsi nel mondo della ristorazione. "Ho cominciato per caso" racconta Giuseppe.  "A 17 anni facevo servizio a domicilio con un carretto a tre ruote a Roma, mentre nel tempo libero servivo in pizzeria. Mi piaceva talmente che dopo l’apprendistato e la scuola mi sono detto: adesso devo imparare le lingue. Così sono venuto in Svizzera". Proprio qui Giuseppe ha trovato quello che poi sarebbe diventato il vademecum pubblicato con la Tipografia Bassi di Locarno: "Quando ho cominciato, negli anni ’60, a Losanna c’era un piccolo libretto in francese che era un po’ un aiuto per il cameriere (utile anche nel privato!). L’ho sempre tenuto in tasca. Il pallino di scriverne uno in italiano l’ho avuto da allora e una volta andato in pensione, ho potuto realizzare questo sogno che avevo nel cassetto. Il risultato è una sorta di guida per i camerieri e per il servizio".

Chi è il cameriere perfetto?

"L’arte del cameriere è una: osteria o stella Michelin, c’è un solo modo di comportarsi, quello giusto. Cambiano delle sfumature ma l’approccio al cliente, come si arriva al tavolo, come si serve il vino… sono tutti aspetti che seguono delle regole ben precise e che vanno a comporre un’unica formula. Quando sento la classica frase: sono senza lavoro domani vado a fare il cameriere, sorrido. Il cameriere non è uno che porta i piatti, è una professione e tale rimane. Non basta un vassoio per esserlo!".

È cambiato il servizio dagli anni ’60?

"Il galateo è il galateo, non cambia, semmai è il modo in cui si va a mangiare che non è più lo stesso: c’è sempre fretta e poco tempo. Il buon servizio, tuttavia, è uno: quello che si insegna oggi e quello che si insegnava cinquant’anni fa sono le stesse cose anzi, forse  oggi si sta tornando a un rigore maggiore".

Gli errori più comuni?

"Spesso quando prendi una bottiglia di vino te la fanno assaggiare e poi la lasciano lì. Il primo giro andrebbe sempre servito". 

È difficile trovare un buon cameriere?

"Era molto difficile un tempo e oggi lo è ancora di più. Si specula sempre sui salari ma speculando sui salari si specula anche sulla qualità".

La prima cosa che guardi quando entri in un ristorante?

"L’occhio mi cade prima di tutto sull’ordine: da una parte il cameriere deve essere pulito e dall’altra il servizio deve essere ben allestito; una tovaglia mal messa o delle posate buttate lì mi danno subito l’idea di poca professionalità".

Che cosa non sopporti proprio?

"Quando entra un cliente e ci sono due camerieri che se la stanno raccontando, presi dalle loro storie non si rendono conto che è arrivato qualcuno".

Un aneddoto curioso?

"Un primo di agosto mi è scoppiata la cucina per via di un corto circuito. Quando succedono cose di questo tipo bisogna restare calmi, anche perché se saltano i nervi al gerente va tutto a pallino. Occorre tempestivamente trovare una soluzione e, importantissimo, informare gli ospiti".

Com’è finita?

"Avevo un carrello per flambare, con lo chef siamo usciti dalla cucina e abbiamo preparato tutto davanti ai clienti. Alla fine è stato uno dei primi d’agosto meglio riusciti!"

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