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STATI UNITILa depressione? È colpa dell'uomo di Neanderthal

11.02.16 - 20:00
Anche la dipendenza da nicotina potrebbe avere qualche legame con il dna degli uomini primitivi
La depressione? È colpa dell'uomo di Neanderthal
Anche la dipendenza da nicotina potrebbe avere qualche legame con il dna degli uomini primitivi

NASHVILLE - La depressione potrebbe essere un'eredità lasciata dall'uomo di Neanderthal all'uomo moderno, così come la predisposizione ad alcuni difetti del sistema immunitario, metabolico, della pelle e persino la dipendenza dalla nicotina. Lo hanno dimostrato i ricercatori coordinati da John Capra, della Vanderbilt University di Nashville, mettendo a confronto gruppi di geni isolati da resti di Neanderthaliani con quelli di individui moderni sani.

Dal 2010 si sa che l'uomo moderno di origini euroasiatiche ha ereditato dall'1 al 4% del Dna dai Neanderthal, ma questo è il primo studio a fare un confronto diretto e confermare tale lascito genetico.

"Il Dna dei Neanderthal - spiega Capra nello studio pubblicato sulla rivista Science - influenza caratteristiche cliniche dell'uomo moderno, quali malattie immunologiche, dermatologiche, neurologiche, psichiatriche e riproduttive".

Ad esempio i ricercatori hanno trovato delle variazioni nel Dna Neanderthal che influiscono, come si ipotizzava, sulla pelle dell'uomo moderno, in particolare sul rischio di sviluppare lesioni prodotte dal sole.

Ma non mancano le sorprese. Verrebbe da questi antenati infatti l'aumento del rischio di dipendenza da nicotina, così come quello della depressione. Un gran numero di frammenti del Dna di questi antenati è associato ad effetti psichiatrici e neurologici.

Secondo i ricercatori l'uomo moderno conserva quella parte del Dna Neanderthal che gli ha dato dei vantaggi nell'adattamento quando 40mila anni fa emigrò fuori dall'Africa, dove c'erano diversi patogeni e livelli di esposizione al sole. Tuttavia molti di questi tratti genetici oggi non sono più vantaggiosi, come la variante che aumenta la coagulazione del sangue, che fa salire il rischio di ictus ed embolie polmonari.

 

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